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Lei rabbrividì. «Stavo pensando.»
«Oh.»
Katrina, senza sciogliersi dall'abbraccio, si voltò a guardarlo; negli occhi le brillava la luce delle stelle. «Stavo pensando a te e a noi... e al nostro futuro insieme.»
«Sono pensieri impegnativi, vista l'ora tarda.»
«Adesso che siamo sposati, come pensi di provvedere a me e al bambino?»
«È questo che ti preoccupa?» Le sorrise. «Non morirai di fame; abbiamo oro a sufficienza. E i Varden si preoccuperanno che i cugini di Eragon abbiano sempre vitto e alloggio garantiti. Anche se dovesse succedermi qualcosa, continueranno a prendersi cura di te e di nostro figlio.»
«Sì, ma tu cos'hai intenzione di fare?»
Confuso, Roran la scrutò alla ricerca del motivo di tanta agitazione. «Aiuterò Eragon a porre fine a questa guerra, così potremo tornare nella Valle Palancar e sistemarci laggiù senza dover temere che i soldati ci portino a Urû'baen. Che altro dovrei fare?»
«Allora combatterai con i Varden?»
«Sì, lo sai.»
«Se Nasuada ti avesse dato il permesso, lo avresti fatto anche oggi?»
«Sì.»
«Ma che ne sarà del nostro bambino? Un esercito in marcia non è un ambiente adatto per crescere un figlio.»
«Non possiamo fuggire e nasconderci dall'Impero, Katrina. A meno che i Varden non vincano, Galbatorix ci scoverà e ci ucciderà, noi e i nostri figli e i figli dei nostri figli. E credo che i Varden potranno vincere solo se tutti faranno il possibile per aiutarli.»
Katrina gli posò un dito sulle labbra. «Sei il mio unico amore. Nessun altro uomo avrà mai il mio cuore. Farò tutto quanto è in mio potere per renderti la vita meno gravosa. Cucinerò per te, ti rammenderò i vestiti e ti pulirò l'armatura... Ma quando avrò partorito, me ne andrò da questo esercito.»
«Te ne andrai?» Roran si irrigidì. «Sciocchezze! E dove, sentiamo?»
«A Dauth, forse. Ricorda, Lady Alarice ci ha offerto ospitalità, e poi qualcuno di noi è rimasto là. Non sarei da sola.»
«Se pensi che permetterò a te e alla nostra creatura appena nata di attraversare Alagaësia da soli, allora...»
«Non c'è bisogno di gridare.»
«Non sto...»
«Invece sì.» Stringendogli le mani e premendosele sul cuore, gli disse: «Qui non è sicuro. Se fossimo solo noi due, accetterei il pericolo, ma è in gioco la vita del nostro bambino. Ti amo, Roran, ti amo tanto, ma nostro figlio deve venire prima di qualunque cosa vogliamo per noi stessi. Altrimenti non meritiamo di essere genitori.» Aveva gli occhi lucidi, e anche lui sentì i suoi inumidirsi. «Dopotutto, quando i soldati ci hanno attaccato, sei stato tu a convincermi a lasciare Carvahall per nasconderci nella Grande Dorsale. Adesso è lo stesso.»
Roran, con gli occhi appannati, vide le stelle tremolare. «Preferirei perdere un braccio che separarmi un'altra volta da te.»
A quel punto Katrina cominciò a piangere, il corpo scosso da silenziosi singhiozzi. «Nemmeno io voglio lasciarti.»
Roran la strinse più forte a sé e la cullò. Quando Katrina cessò di piangere, le sussurrò all'orecchio: «Preferirei perdere un braccio che separarmi da te, ma preferirei morire piuttosto che permettere che facciano del male a te... o al nostro bambino. Se te ne vuoi andare, fallo ora, finché ancora riesci a viaggiare senza difficoltà.»
Katrina scosse la testa. «No. Voglio che sia Gertrude a farmi da levatrice. Mi fido solo di lei. E se dovessi avere qualche problema preferisco che sia qui, dove ci sono maghi esperti nella cura delle persone.»
«Vedrai, andrà tutto bene» disse Roran. «Appena nostro figlio sarà nato, ti trasferirai ad Aberon, non a Dauth: ci sono meno probabilità che venga attaccata. E se anche lì dovesse diventare troppo pericoloso, allora andrai sui Monti Beor e vivrai con i nani. E se Galbatorix colpirà anche loro, andrai dagli elfi nella Du Weldenwarden.»
«E se Galbatorix attaccherà anche la foresta, volerò sulla luna e crescerò nostro figlio tra gli spiriti celesti.»
«Che si inchineranno al tuo cospetto e ti nomineranno loro regina, come meriti.»
Gli si accoccolò più vicina.
Rimasero seduti a osservare le stelle svanire dal cielo, una dopo l'altra, oscurate dal bagliore che si diffondeva a oriente. Quando fu rimasta solo la stella del mattino, Roran disse: «Lo sai cosa significa questo, vero?» «Cosa?»
«Che dovrò fare in modo di uccidere i soldati di Galbatorix fino all'ultimo, di occupare tutte le città dell'Impero, di sconfiggere Murtagh e Castigo e decapitare il re e il suo drago traditore prima che comincino le doglie. Così non dovrai più partire.»
Katrina rimase in silenzio per un momento, poi rispose: «Se ci riuscissi, ne sarei molto felice.»
Stavano per tornare a letto quando nel cielo scintillante videro veleggiare una nave in miniatura, fatta di fili d'erba secchi. Fluttuò davanti alla loro tenda, rollando su invisibili onde d'aria: sembrava quasi che la prua a forma di testa di drago li stesse guardando.
Roran rimase pietrificato, e anche Katrina.
Come una creatura vivente, la nave si lanciò lungo il sentiero che conduceva alla loro tenda, poi prese a girarle tutto intorno a caccia di una falena vagante. Quando la falena le sfuggì, la nave tornò indietro e si fermò a pochi pollici dal viso di Katrina.
Prima che Roran decidesse se afferrarla o meno, la piccola nave si voltò e volò via verso la stella del mattino: svanì di nuovo nell'infinito oceano celeste, lasciandoli lì a fissarla stupefatti.
♦ ♦ ♦
ORDINI
Quella sera tardi, visioni di morte e violenza si radunarono ai margini dei sogni di Eragon e il panico minacciò di sopraffarlo. Si agitava insofferente, voleva svegliarsi ma non ci riusciva. Immagini fugaci e sconnesse gli balenarono davanti agli occhi: spade che trafiggono, uomini che urlano, e il volto arrabbiato di Murtagh.
Poi sentì Saphira entrargli nella mente e passare nei suoi sogni come un forte vento, spazzando via quell'incubo minaccioso. Nel silenzio che calò, gli sussurrò: Va tutto bene, piccolo. Riposa tranquillo; sei al sicuro, ci sono io con te... Riposa tranquillo.
Un senso di profonda pace si insinuò in Eragon, che si rigirò e si perse in ricordi più felici. Era bello sapere che Saphira era con lui.
Quando aprì gli occhi, un'ora prima del sorgere del sole, si ritrovò disteso sotto una delle ali venate di Saphira. La dragonessa l'aveva avvolto con la coda; ne sentiva il fianco caldo contro la testa. Mentre lei alzava il capo e sbadigliava, Eragon sorrise e sgattaiolò fuori.
Buongiorno, le disse.
Saphira sbadigliò di nuovo e si stirò come un gatto.
Eragon fece il bagno, si rase con l'aiuto della magia, ripulì il fodero del
falcione dal sangue rappreso del giorno prima e poi infilò una delle sue tuniche elfiche.
Soddisfatto del risultato, dopo che Saphira ebbe finito le abluzioni mattutine si incamminò insieme a lei verso il padiglione di Nasuada. Tutti e sei i Falchineri di turno erano schierati fuori, la solita espressione truce sui visi rugosi. Eragon attese che un nano robusto li annunciasse, poi entrò; Saphira invece strisciò fino al lembo di stoffa aperto all'ingresso e vi infilò la testa, pronta a prendere parte alla discussione.
Eragon si inchinò al cospetto di Nasuada, seduta sull'alto scranno decorato con motivi di cardi in fiore. «Mia signora, mi hai chiesto di venire qui per parlare del mio futuro; hai detto che avevi un'importante missione da affidarmi.»
«Sì, è vero» rispose lei. «Prego, siedi.» Gli indicò uno sgabello pieghevole lì vicino. Inclinando la spada che aveva in vita così che non lo intralciasse, Eragon prese posto. «Come sai, Galbatorix ha inviato dei battaglioni nelle città di Aroughs, Feinster e Belatona nel tentativo di impedirci di prenderle d'assedio o perlomeno di rallentare la nostra avanzata e costringerci a dividere le truppe così che fossimo più vulnerabili ai soldati accampati a nord. Dopo la battaglia di ieri, i nostri esploratori ci hanno informato che gli ultimi uomini di Galbatorix si sono ritirati verso destinazioni sconosciute. Era mia intenzione attaccarli giorni fa, ma non l'ho fatto perché tu non c'eri. Senza di te, Murtagh e Castigo avrebbero massacrato i nostri guerrieri impunemente; non avevamo nemmeno modo di scoprire se drago e Cavaliere erano tra i soldati. Ora che sei di nuovo con noi, per certi versi la nostra posizione è migliorata, benché non quanto avessi sperato, dato che adesso dobbiamo anche affrontare l'ultima trovata di Galbatorix: gli uomini che non provano dolore. L'unica cosa incoraggiante è che voi due, insieme agli stregoni di Islanzadi, avete dimostrato di essere in grado di respingere Murtagh e Castigo. È su questa speranza che si regge il nostro piano in vista della vittoria finale.»
Quel piccoletto rosso non è alla mia altezza, commentò Saphira. Se non ci fosse Murtagh a proteggerlo, lo bloccherei a terra e lo scuoterei per la collottola finché non si arrende e non accetta la mia vittoria.
«Ne sono sicura» disse Nasuada.
«Che cosa intendi fare, allora?» le chiese Eragon.
«Ci sono diverse alternative, e se vogliamo che qualcuna si riveli efficace dobbiamo intraprenderle tutte ad un tempo. Per prima cosa, non possiamo spingerci oltre all'interno del territorio nemico lasciando dietro di noi città di cui Galbatorix ha ancora il controllo. Significherebbe esporci ad attacchi da più parti e invitare il tiranno a invadere il Surda in nostra assenza. Dunque ho già ordinato ai Varden di marciare verso nord fino al guado più vicino e sicuro del fiume Jiet. Una volta attraversato il fiume, manderò dei guerrieri a espugnare la città di Aroughs a sud, mentre re Orrin e io avanzeremo con il resto delle forze fino a Feinster che, con l'aiuto tuo e di Saphira, soccomberà senza troppi sforzi.
«Mentre noi saremo impegnati nel noioso compito di attraversare la campagna, ho altre responsabilità da affidarti, Eragon.» Si sporse verso di lui dallo scranno. «Abbiamo bisogno del pieno appoggio dei nani. Gli elfi stanno combattendo nel nord di Alagaësia, i surdani si sono uniti a noi nel corpo e nella mente e perfino gli Urgali sono nostri alleati. Ma abbiamo bisogno dei nani. Senza di loro non ce la faremo mai. Soprattutto adesso che dobbiamo vedercela con soldati che non temono il dolore.»
«I nani hanno già scelto un nuovo re o una nuova regina?»
Nasuada fece una smorfia. «Narheim mi assicura che stanno procedendo spediti, ma come gli elfi, anche i nani hanno una concezione del tempo più dilatata della nostra. Procedere spediti per loro potrebbe significare mesi di consultazioni.»
«Non comprendono l'urgenza della situazione?»
«Alcuni sì, ma molti sono contrari ad aiutarci in questa guerra e cercano di ritardare le operazioni il più possibile nella speranza di insediare uno di loro sul trono di marmo di Tronjheim. I nani sono vissuti in clandestinità così a lungo che sono diventati pericolosamente sospettosi verso gli altri popoli. Se dovesse salire al trono un sovrano ostile ai nostri progetti, addio alleanza. Non possiamo permettere che ciò accada. E non possiamo nemmeno aspettare che risolvano le loro contese nei tempi consueti. Ma...» - e alzò un dito - «... da qui non posso intervenire in modo efficace nelle loro scelte politiche: sono troppo lontana. E anche se fossi a Tronjheim, non potrei garantire un risultato a noi favorevole; i nani non vedono di buon occhio che un estraneo si immischi nelle loro faccende di governo. Dunque voglio che tu vada a Tronjheim a nome mio e faccia il possibile per assicurare che scelgano un nuovo monarca in fretta, uno che sia solidale alla nostra causa.»
«Io? Ma...»
«Re Rothgar ti ha adottato nel Dûrgrimst Ingeitum. Secondo le loro leggi e tradizioni, sei un nano a tutti gli effetti, Eragon. Hai il diritto di partecipare agli incontri del clan, e poiché Orik è stato nominato loro capo ed è il tuo fratello adottivo oltre che un amico dei Varden, sono certa che ti consentirà di accompagnarlo ai concili segreti durante i quali verrà eletto il nuovo reggente.»
A Eragon parve una proposta assurda. «E Murtagh e Castigo? Torneranno, ne sono sicuro, e io e Saphira siamo gli unici in grado di tenere loro testa, seppure con qualche aiuto. Se non saremo qui, nessuno potrà impedire loro di uccidere te, Orrin o Arya e il resto dei Varden.»
Nasuada si accigliò. «Hai inflitto a Murtagh una cocente sconfitta. Con ogni probabilità, mentre stiamo parlando, lui e Castigo volano verso Urû'baen: Galbatorix vorrà interrogarli sulla battaglia e li punirà per avere fallito. Non li rimanderà qui ad attaccarci finché non sarà sicuro che sono in grado di battervi. Di certo ora Murtagh non è più tanto convinto dei veri limiti della tua forza, dunque quell'infausto evento potrebbe essere ancora lontano. Prima di allora, credo che avrai abbastanza tempo per andare e tornare dal Farthen Dûr.»
«Potresti sbagliarti» azzardò Eragon. «E poi come farai a impedire che Galbatorix venga a sapere della nostra assenza e che vi attacchi mentre noi siamo lontani? Dubito che tu abbia snidato tutte le spie che ha disseminato tra noi.»
Nasuada tamburellò con le dita sui braccioli dello scranno. «Ho ordinato a te di andare nel Farthen Dûr, Eragon. Non ho detto che voglio che venga anche Saphira.» La dragonessa volse la testa ed emise una nuvoletta di fumo che si levò verso il punto più alto della tenda.
«Non ho alcuna inten...»
«Lasciami finire.»
Eragon allora serrò la mascella e fissò Nasuada, stringendo la mano sul pomolo del falcione.
«Benché non abbia giurato fedeltà a me, Saphira, la mia speranza è che tu possa accettare di restare qui mentre Eragon andrà dai nani, così da ingannare l'Impero e gli stessi Varden sui suoi spostamenti. Se riusciremo a nascondere la tua partenza ai più» disse, stavolta rivolta a Eragon, «nessuno avrà motivo di sospettare che non sei qui. Dovremo solo escogitare una scusa plausibile per giustificare il tuo improvviso desiderio di restare chiuso nella tua tenda di giorno. Potremmo dire che tu e Saphira state facendo delle sortite notturne in territorio nemico e che quindi dovete riposare quando il sole è alto. Cosa ve ne pare?
«Perché lo stratagemma funzioni, tuttavia, anche Blödhgarm e i suoi compagni dovranno restare qui, sia per evitare di destare sospetti sia per motivi di sicurezza. Se Murtagh e Castigo dovessero ricomparire mentre tu non ci sei, Arya potrà prendere il tuo posto in sella a Saphira. Tra lei, gli stregoni di Blödhgarm e i maghi del Du Vrangr Gata, dovremmo avere ottime probabilità di successo.»
«Se Saphira non mi accompagna nel Farthen Dûr, come farò ad arrivare laggiù in un tempo ragionevole?» rispose Eragon, acido.
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