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La sua reazione fu così inaspettata che Eragon vacillò ed ebbe appena il

tempo di indietreggiare e respingere Zar'roc, la cui lama vibrò nell'aria a una velocità esorbitante e lo ferì a una spalla. Murtagh non perse tempo: lo colpì al polso e poi, quando Eragon si scagliò di lato, gli fece passare la lama sotto lo scudo. Riuscì a infilarla tra l'orlo dell'usbergo di maglia e la vita dei pantaloni, trafiggendogli il fianco sinistro. La punta di Zar'roc gli

si conficcò nell'osso.

Il dolore travolse Eragon come un getto d'acqua gelida, ma gli diede anche una soprannaturale lucidità di pensiero e gli trasmise una scarica di energia straordinaria in tutto il corpo.

Mentre Murtagh sfilava la spada, Eragon gridò e gli si scagliò contro.

Con una veloce torsione del polso, Murtagh intrappolò il falcione sotto Zar'roc e digrignò i denti in un ghigno sinistro. Senza un attimo di esitazione,

Eragon liberò la sua arma, poi finse di voler colpire l'avversario al ginocchio destro, ma all'ultimo momento abbatté il falcione in direzione opposta, ferendo Murtagh alla guancia.

«Avresti dovuto metterti l'elmo» gli disse.

Erano così vicini a schiantarsi al suolo - mancava solo qualche centinaio

di piedi - che Saphira dovette lasciar andare Castigo. I due draghi si separarono prima che Eragon e Murtagh potessero ferirsi di nuovo. Mentre Saphira e Castigo risalivano a spirale, lanciandosi entrambi verso una nube bianco perla che si stava addensando sopra le tende dei Varden, Eragon sollevò l'usbergo e la tunica e si esaminò il fianco. Nel punto

in cui Zar'roc l'aveva colpito, spingendo la cotta di maglia contro il corpo,

c'era un esangue lembo di pelle grande quanto un pugno. In mezzo, dove

era penetrata la lama, una sottile linea rossa lunga due pollici. La ferita

sanguinava, inzuppandogli la parte alta dei pantaloni.

Il fatto di essere stato ferito da Zar'roc, una spada che non l'aveva mai

abbandonato nei momenti di pericolo e che ancora considerava sua a buon

diritto, lo turbò. Che la sua arma gli si fosse ritorta contro era sbagliato. Il

mondo girava alla rovescia, e il suo istinto gli imponeva di ribellarsi a

quello stato di cose.

Mentre attraversava un vortice d'aria, Saphira tremò tutta ed Eragon sussultò avvertendo una nuova fitta di dolore al fianco. Per fortuna non stavano combattendo a terra, concluse, altrimenti non credeva che sarebbe riuscito a reggersi in piedi.

Arya, disse, vuoi curarmi tu o devo farlo da solo e lasciare che Murtagh

riesca a fermarmi?

Ci pensiamo noi, rispose l'elfa. Se ti crede ancora ferito, forse riuscirai

a coglierlo di sorpresa.

Oh, aspetta.

Perché?

Prima devo darvi il permesso di intervenire, o le mie difese vi fermeranno. Sulle prime non gli venne in mente la frase esatta, ma alla fine si ricordò la formula e sussurrò nell'antica lingua: «Acconsento a che Arya, figlia

di Islanzadi, mi guarisca con un incantesimo.»

Quando sarai meno turbato, dobbiamo parlare di queste tue difese. E se

avessi perso conoscenza? Come avremmo fatto ad assisterti? Dopo le Pianure Ardenti mi era sembrata una buona idea. Murtagh ci

aveva immobilizzati entrambi con la magia, ricordi? Non voglio che né lui

né nessun altro possano imporci incantesimi senza il nostro consenso. È giusto, ma ci sono soluzioni più eleganti della tua.

Eragon si contorse sulla sella mentre la magia degli elfi faceva effetto, e

il fianco cominciò a formicolargli e a prudergli come se fosse ricoperto di

pulci che lo mordevano. Quando il prurito diminuì, si infilò una mano sotto la tunica e, con grande gioia, sentì solo pelle liscia.

D'accordo, disse, raddrizzando bene le spalle. Adesso quei due impareranno a temere i nostri nomi!

Saphira virò a sinistra e, mentre Castigo si affannava a voltarsi, si tuffò

nel cuore dell'immensa nube perlata di fronte a loro. Tutto divenne freddo,

umido e bianco, poi Saphira sbucò dalla parte opposta, alle spalle di Castigo, pochi piedi sopra di lui.

Con un ruggito trionfante, Saphira si abbatté sul drago rosso e lo afferrò

per i fianchi, conficcandogli gli artigli in profondità nei garretti e lungo la

spina dorsale. Protese la testa, gli addentò l'ala sinistra e serrò la presa, tagliando la carne di netto con uno schiocco delle zanne affilate come un rasoio.

Castigo si dibatté e lanciò un grido: Eragon non sospettava che i draghi

potessero emettere versi tanto orribili.

Ce l'ho in pugno, disse Saphira. Gli posso strappare l'ala, ma preferirei

di no. Qualunque cosa tu abbia intenzione di fare, falla, prima che sia

troppo tardi.

Pallido in viso benché insanguinato, Murtagh puntò Zar'roc contro Eragon - la spada vibrò nell'aria - e un fascio di energia mentale immenso travolse la coscienza di Eragon. Quella misteriosa presenza rovistò nei suoi

pensieri, cercando di carpirli e di sottometterli al suo volere. Come sulle

Pianure Ardenti, Eragon si accorse che la mente del fratello sembrava contenere una vera folla, come se un confuso coro di voci stesse mormorando

in sottofondo al tumulto dei suoi pensieri.

Forse c'era un gruppo di maghi ad assisterlo, come lui aveva gli elfi. Per quanto difficile, Eragon svuotò la mente da ogni cosa, eccetto l'immagine di Zar'roc. Si concentrò sulla spada con tutte le sue forze, rasserenando la coscienza nella calma della meditazione, così che Murtagh non

trovasse alcun appiglio a cui aggrapparsi. E quando Castigo si dimenò sotto di loro e l'attenzione di Murtagh vacillò per un istante, lanciò un furioso

contrattacco, afferrando a sua volta la coscienza dell'altro Cavaliere. I due lottarono uno contro l'altro in caduta libera, in un cupo silenzio, respingendosi a vicenda entro i confini delle rispettive menti. A volte sembrava che avesse la meglio Murtagh, a volte il fratello, ma nessuno riusciva a prevalere. Eragon scoccò un'occhiata in basso e si accorse che non

mancava molto al momento in cui si sarebbero schiantati al suolo; così capì che la contesa andava decisa con altri mezzi.

Abbassando il falcione al livello di Murtagh, gridò «Letta!», lo stesso

incantesimo che il fratello aveva usato contro di lui nel precedente confronto. Era una magia semplice, che gli avrebbe bloccato le braccia e il torso, ma così avrebbero potuto affrontarsi direttamente e stabilire chi aveva

più energia a disposizione.

Murtagh pronunciò un controincantesimo, ma le parole si persero nel

ringhio di Castigo e nell'ululato del vento.

Via via che la forza lo abbandonava, il polso di Eragon accelerava.

Quando ormai aveva quasi esaurito le forze e si sentiva debole, Saphira e

gli elfi riversarono l'energia dei propri corpi nel suo, evitando così che l'incantesimo di Eragon si spezzasse. Sulle prime Murtagh, che gli stava di

fronte, apparve compiaciuto e sicuro di sé, ma più Eragon lo teneva a bada,

più si accigliava e digrignava i denti, ritraendo le labbra. Per tutto il tempo,

le rispettive menti rimasero sotto assedio.

Un paio di volte Eragon senti diminuire l'energia che Arya gli stava inviando e intuì che due degli stregoni al comando di Blödhgarm dovevano

essere svenuti. Murtagh non può resistere ancora per molto, pensò, poi

dovette sforzarsi di riprendere il controllo della propria mente, perché

quella perdita di concentrazione aveva permesso all'avversario di far breccia nelle sue difese mentali.

La forza di Arya e degli altri elfi si dimezzò e perfino Saphira cominciò

a tremare di stanchezza. Proprio quando Eragon era convinto che avrebbe

perso, Murtagh lanciò un grido di dolore. Via via che la resistenza del fratello calava, a Eragon parve di liberarsi di un grosso peso. Murtagh era esterrefatto davanti al successo dell'avversario.

E adesso? chiese Eragon ad Arya e a Saphira. Li prendiamo in ostaggio? Possiamo?

Adesso devo volare, rispose la dragonessa, poi lasciò andare Castigo e si

allontanò da lui, battendo le ali a fatica, come se persino tenerle dispiegate

le costasse molte energie. Eragon si voltò, e per un fugace istante ebbe

l'impressione che un prato invaso dal sole e punteggiato di cavalli stesse

per scagliarsi contro di loro; poi fu come se un gigante lo travolgesse dal

basso e tutto divenne nero.

La prima cosa che vide fu il collo puntuto di Saphira a un paio di pollici dal suo naso. Le squame brillavano come ghiaccio blu cobalto. C'era qualcuno che stava tentando di penetrargli nella mente, qualcuno la cui coscienza trasmetteva un'intensa sensazione di fretta. A mano a mano che rientrava in possesso delle sue piene facoltà, si accorse che si trattava di Arya. Ferma l'incantesimo, Eragon, altrimenti ci ucciderai tutti! gli disse. Fermalo; Murtagh ormai è troppo lontano! Svegliati, o entrerai nel vuoto.

Di scatto, Eragon balzò a sedere in sella, accorgendosi a stento che Saphira era accucciata in un cerchio di cavalieri del re. Arya non c'era. Ora che aveva recuperato i sensi, sentì che l'incantesimo lanciato contro Murtagh gli stava ancora prosciugando l'energia, e in quantità sempre maggiori. Se non fosse stato per l'aiuto degli elfi e della sua dragonessa, sarebbe già morto.

Eragon pose fine alla magia, poi cercò Castigo e Murtagh. Laggiù, disse Saphira, indicandogli il punto esatto con il muso. Eragon vide la sagoma scintillante di Castigo allontanarsi verso il fiume Jiet, bassa nel cielo a nord-ovest, e tornare rapida in seno all'esercito di Galbatorix, distante alcune miglia.

Che cos'è successo?

Murtagh ha guarito di nuovo Castigo, che ha avuto la fortuna di atterrare sul dorso di una collina. È sceso di corsa, poi ha spiccato il volo prima che tu ti risvegliassi.

Nel paesaggio ondulato rimbombò la voce amplificata di Murtagh: «Eragon, Saphira! Non crediate di avere vinto. Ci incontreremo di nuovo, ve lo prometto, e allora io e Castigo vi sconfiggeremo, perché saremo ancora più forti!»

Eragon strinse lo scudo e il falcione con tanta forza che gli uscì il sangue da sotto le unghie. Pensi di poterlo raggiungere?

Sì, ma gli elfi non riuscirebbero ad aiutarti così a distanza, e senza il loro sostegno dubito che riusciremmo a vincere.

Forse potremmo... Eragon si bloccò e si diede una manata sulla gamba per la frustrazione. Accidenti, sono un idiota! Mi sono dimenticato di Aren. Per sconfiggerli avremmo potuto usare l'energia contenuta nell'anello di Brom.

Avevi altre cose per la testa. Chiunque avrebbe potuto commettere lo stesso errore.

Forse, ma vorrei che mi fosse venuto in mente prima. Potremmo farlo adesso.

E poi? gli chiese Saphira. Come facciamo a tenerli prigionieri? Li vuoi drogare come ha fatto Durza con te a Gil'ead? O preferisci ucciderli?

Non lo so! Potremmo aiutarli a cambiare i loro veri nomi e a infrangere il giuramento a Galbatorix. Lasciarli andare così è troppo pericoloso.

In teoria hai ragione, rispose Arya, ma tu sei stanco, Saphira è stanca e io preferisco che quei due ci sfuggano piuttosto che rischiare di perdervi perché non siete nel pieno delle forze.

Ma...

Non siamo in grado di trattenere a lungo un drago e il suo Cavaliere, e non credo che uccidere Murtagh e Castigo sarebbe facile come pensi, Eragon. Sii grato che siamo riusciti a scacciarli e riposa tranquillo: la prossima volta che oseranno affrontarci, li fermeremo di nuovo. Detto ciò, si allontanò dalla sua mente.

Eragon osservò Castigo e Murtagh finché non scomparvero dalla sua vista, poi sospirò e accarezzò Saphira sul collo. Dormirei per due settimane.

Anch'io.

Dovresti essere fiera di te; in volo hai avuto quasi sempre la meglio su Castigo.

Sì, vero? si pavoneggiò la dragonessa. Abbiamo combattuto ad armi impari, però. Castigo non è esperto come me.

E non ha nemmeno il tuo talento, mi verrebbe da pensare.

Saphira piegò il collo e gli leccò la parte alta del braccio destro, facendogli tintinnare l'usbergo di maglia, poi lo guardò con occhi scintillanti.

Eragon riuscì ad abbozzare solo l'ombra di un sorriso. C'era da aspettarselo, suppongo, ma è stata una sorpresa scoprire che Murtagh e veloce quanto me. Un altro incantesimo di Galbatorix, non c'è dubbio.

Perché le tue difese non sono riuscite a deviare i colpi di Zar'roc? Altre volte ti hanno salvato da assalti peggiori, per esempio contro i Ra'zac.

Non so. Forse Murtagh e Galbatorix si sono inventati un incantesimo contro cui non avevo pensato di proteggermi. O forse è solo che Zar'roc è la spada di un Cavaliere, e come diceva Glaedr...

... le spade forgiate da Rhunön sono eccellenti perché...

... non temono incantesimi di sorta e...

... solo di rado vengono...

... fermate dalla magia. Già, proprio così. Esausto, Eragon fissò il sangue di drago sul lato piatto del falcione. Quando riusciremo a sconfiggere i nostri nemici da soli? Non avrei mai ucciso Durza se Arya non avesse rotto lo Zaffiro Stellato. E siamo riusciti a battere Murtagh e Castigo solo grazie al suo aiuto e a quello di altri dodici elfi.

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