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Spinto dalla brezza, un ragno appeso a un filo di seta passò davanti agli occhi di Eragon, dondolando avanti e indietro su invisibili correnti d'aria. Quando il ragno fu sparito dalla visuale, Eragon disse: «La prima volta che siamo stati a Tronjheim, Angela l'indovina mi ha detto che era il wyrd di Brom fallire in ogni cosa che tentava, tranne che nell'uccidere Morzan.»
Oromis inclinò il capo. «Qualcuno potrebbe pensarla così. Qualcun altro potrebbe concludere che Brom realizzò tante cose importanti e difficili. Dipende da come scegli di vedere il mondo. Di rado le parole degli indovini sono facili da decifrare. Secondo la mia esperienza, le loro predizioni non portano mai alla pace della mente. Se vuoi essere felice, Eragon, non pensare a quello che sarà o a quello su cui non hai controllo, ma pensa piuttosto al momento presente, e a quello che sei in grado di cambiare.»
Eragon fu attraversato da un pensiero. «Blagden» disse, riferendosi al corvo bianco compagno della regina Islanzadi. «Anche lui sa di Brom, è così?»
Oromis inarcò un sopracciglio sottile. «Davvero? Io non gliene ho mai parlato. È una creatura volubile, su cui non si può fare affidamento.»
«Il giorno in cui io e Saphira siamo partiti per le Pianure Ardenti, mi recitò un indovinello. Non ricordo ogni verso con precisione, ma era qualcosa su uno di due che è uno, mentre uno potrebbe essere due. Forse alludeva al fatto che Murtagh e io condividiamo soltanto uno dei genitori.»
«Può essere» disse Oromis. «Blagden era qui a Ellesméra quando Brom mi raccontò di te. Non mi sorprenderebbe scoprire che quel ladro dal becco affilato si era appollaiato su un albero vicino durante la nostra conversazione: ha il brutto vizio di origliare. Ma può darsi che l'indovinello sia stato il risultato di uno dei suoi sporadici attacchi di preveggenza.»
Glaedr si mosse, e Oromis si volse a guardare il drago dorato. L'elfo si alzò dalla sedia con un movimento fluido, dicendo: «Frutta, noci e pane vanno bene per placare la fame, ma dopo un viaggio del genere dovresti mangiare qualcosa di più sostanzioso. Ho una zuppa sul fuoco che richiede la mia attenzione. Non scomodarti, prego, te la porto non appena è pronta.» Con passo felpato, Oromis si avviò alla capanna coperta di corteccia e scomparve all'interno. Non appena la porta intagliata si chiuse alle sue spalle, Glaedr sospirò e abbassò le palpebre, come se volesse dormire.
Regnò il silenzio, interrotto soltanto dal fruscio dei rami scossi dal vento.
L'EREDITÀ
Eragon rimase seduto al tavolo rotondo per diversi minuti, poi si alzò e camminò fino al ciglio della rocca di Tel'naeír, dove guardò la foresta che si estendeva un migliaio di piedi sotto di lui. Con la punta di uno stivale spinse giù un ciottolo e lo osservò rimbalzare lungo la parete di roccia finché non scomparve inghiottito dagli alberi.
Un ramo si spezzò quando Saphira gli si avvicinò da dietro e si accovacciò al suo fianco. Le squame della dragonessa lo inondarono di centinaia di riflessi azzurrini. Lei guardò dalla stessa parte e gli chiese: Sei arrabbiato con me?
No, figurati. Capisco che non potevi rompere un giuramento fatto nell'antica lingua... Solo, avrei voluto che fosse stato Brom a dirmelo e che non avesse sentito il bisogno di nascondermi la verità.
Saphira volse la testa verso di lui. Come ti senti, Eragon?
Lo sai bene.
Fino a qualche minuto fa sì, ma ora non più. Sei diventato immobile, e
guardare nella tua mente è come sbirciare in un lago troppo profondo per poterne scorgere il fondo. Che cosa c'è dentro di te, piccolo mio? Rabbia? Felicità? O non hai emozioni da condividere?
Dentro di me c'è rassegnazione, disse lui, voltandosi a guardarla. Non posso cambiare chi sono i miei genitori; mi ci ero già rassegnato dopo le Pianure Ardenti. Quello che è, è. E non serve a niente digrignare i denti dalla rabbia. Sono... contento, immagino, che Brom sia mio padre. Ma non ne sono sicuro... È una cosa troppo grande da accettare tutta insieme.
Magari quello che ho da darti ti aiuterà. Vorresti vedere il ricordo che Brom ha lasciato per te, o preferisci aspettare?
No, niente attese, disse lui. Se rimandiamo, potrebbe non esserci più un'altra occasione.
Allora chiudi gli occhi e lascia che ti mostri ciò che accadde una volta.
Eragon fece come lei gli aveva detto, e da Saphira cominciò a fluire una corrente di sensazioni: paesaggi, rumori, odori, e altro ancora, tutto quello che lei aveva sperimentato al momento del ricordo.
Davanti a sé Eragon vide una radura nella foresta, da qualche parte fra le colline ai piedi del versante occidentale della Grande Dorsale. L'erba era fitta e rigogliosa, e festoni di licheni giallognoli pendevano dagli alti alberi inclinati, coperti di muschio. Per via delle piogge che dall'oceano arrivavano nell'entroterra, lì i boschi erano molto più verdi e umidi di quelli della Valle Palancar. Visti attraverso gli occhi di Saphira, i verdi e i rossi erano più attenuati di come sarebbero apparsi agli occhi di Eragon, mentre ogni sfumatura di blu risplendeva più intensa del normale. L'odore del terreno umido e del legno marcio impregnava l'aria.
Al centro della radura c'era un albero caduto, e sopra l'albero caduto era seduto Brom.
Il cappuccio del mantello era gettato all'indietro in modo da lasciargli il capo scoperto. Aveva la spada adagiata in grembo. Il bastone contorto, inciso di rune, era appoggiato al tronco. L'anello Aren scintillava sulla sua mano destra.
Per un lungo momento Brom rimase immobile, poi rivolse gli occhi socchiusi al cielo e il suo naso aquilino gettò una lunga ombra sul volto. Risuonò la sua voce rauca, ed Eragon vacillò, sentendosi fuori dal tempo.
"Il sole sempre traccia il suo arco da orizzonte a orizzonte, e la luna sempre lo segue, e i giorni sempre si susseguono l'uno dopo l'altro, indifferenti alle vite che consumano." Abbassando gli occhi, Brom guardò dritto verso Saphira e, attraverso di lei, verso Eragon. "Malgrado gli sforzi, nessun essere sfugge alla morte per sempre, nemmeno gli elfi o gli spiriti. Per tutto c'è una fine. Se mi stai guardando, Eragon, allora la mia fine è giunta e io sono morto e tu sai che io sono tuo padre."
Da una saccoccia legata al fianco, Brom trasse la sua pipa, la riempì d'erba di cardo e l'accese, mormorando piano: "Brisingr." Aspirò diverse volte per far prendere la fiamma prima di ricominciare a parlare. "Se mi stai vedendo, Eragon, spero che tu sia felice e in salute, e che Galbatorix sia morto. Anche se penso che sia poco probabile; dopotutto sei un Cavaliere dei Draghi e un Cavaliere dei Draghi non potrà mai riposare finché ci sarà ingiustizia sulla terra."
Gli sfuggì un risolino mentre scuoteva il capo, la barba che ondeggiava come acqua. "Ah, non ho tempo per dire nemmeno la metà di ciò che vorrei: avrei il doppio dell'età che ho adesso prima di arrivare alla fine. Per amore di brevità, darò per scontato che Saphira ti abbia già parlato di come tua madre e io ci siamo conosciuti, di come Selena morì e di come mi ritrovai a Carvahall. Vorrei che tu e io avessimo questa conversazione a faccia a faccia, Eragon, e forse l'avremo, e Saphira non avrà bisogno di condividere questo ricordo con te, ma ne dubito. Le sofferenze dei miei anni mi pesano, Eragon, e sento scorrermi nelle membra un freddo che non ho mai provato prima. Credo che sia perché adesso le cose sono passate nelle tue mani. Ci sono ancora molte cose che spero di realizzare, ma nessuna per me stesso, solo per te, e tu arriverai a eclissare tutto ciò che ho fatto. Ne sono sicuro. Tuttavia, prima che la tomba si chiuda su di me, volevo almeno per una volta poterti chiamare figlio... Mio figlio... Da quando sei nato, Eragon, ho desiderato rivelarti chi fossi. È stato un piacere impareggiabile per me guardarti crescere, ma anche una tortura impareggiabile, per via del segreto che serbavo nel cuore."
Brom scoppiò a ridere, un suono aspro e secco. "Be', a quanto pare non sono riuscito a tenerti al sicuro dall'Impero, vero? Se ancora ti chiedi chi sia responsabile della morte di Garrow, non devi cercarlo altrove, perché siede qui. È stata la mia idiozia. Non sarei mai dovuto tornare a Carvahall. E ora guarda: Garrow è morto, e tu sei un Cavaliere dei Draghi. Ti avverto, Eragon, attento alla persona di cui ti innamori, perché il destino sembra riservare un morboso interesse per la nostra famiglia."
Stringendo le labbra attorno al cannello della pipa, Brom trasse qualche boccata d'erba di cardo, soffiando da un lato il fumo bianco. L'odore pungente arrivò forte nelle narici di Saphira.
"Ho la mia parte di rimpianti, ma tu non sei uno di essi, Eragon. Potrai anche fare delle sciocchezze ogni tanto, come lasciar scappare quei maledetti Urgali, ma non sei più idiota di me alla tua età." Annuì. "Anzi, sei molto meno idiota, direi. Sono orgoglioso di averti come figlio. Più orgoglioso di quanto tu possa immaginare. Non avrei mai pensato che saresti diventato un Cavaliere come me, né desideravo questo futuro per te, ma vederti con Saphira, ah, mi fa venir voglia di cantare al sole come un gallo."
Brom trasse un'altra boccata. "Capisco che potresti essere arrabbiato perché ho tenuto questo segreto. Non posso dire che sarei stato felice di scoprire il nome di mio padre in questo modo. Ma che ti piaccia o no, siamo una famiglia, tu e io. E visto che non ho potuto riservarti le attenzioni che avrei dovuto come padre, ti darò invece la sola cosa che posso darti, ed è un consiglio. Odiami se vuoi, Eragon, ma ascolta bene quello che ti dirò, perché so di che cosa parlo."
Con la mano libera, Brom strinse il fodero della spada, le vene gonfie sul dorso della mano. Sistemò la pipa a un angolo della bocca. "Bene. Il mio è un duplice consiglio. Qualunque cosa tu faccia, proteggi le persone che ami. Senza di loro, la vita è più misera di quanto tu possa immaginare. È una cosa ovvia, lo so, ma non per questo meno vera. Questa è la prima parte del mio consiglio. Quanto al resto... Se sei tanto fortunato da aver già ucciso Galbatorix, o se qualcuno è già riuscito a tagliare la gola di quel traditore, allora, congratulazioni. In caso contrario, ricorda che Galbatorix è il tuo più grande e pericoloso nemico. Fino al giorno della sua morte, né tu né Saphira avrete pace. Potete nascondervi negli angoli più sperduti della terra, ma a meno che non vi uniate all'Impero, un giorno sarete costretti ad affrontare Galbatorix. Mi dispiace, Eragon, ma questa è la verità. Ho combattuto contro molti maghi e diversi Rinnegati, e finora ho sempre sconfitto i miei avversari." Le rughe sulla sua fronte si fecero più profonde. "Be', tranne una volta, ma è successo perché non ero ancora del tutto maturo. Comunque la ragione per cui ho sempre vinto è che uso il cervello, a differenza di molti. Non sono un grande stregone, e nemmeno tu lo sei in confronto a Galbatorix, ma quando si tratta di un duello fra maghi, l'intelligenza è più importante della forza. Per sconfiggere un altro mago non bisogna scagliarsi alla cieca contro la sua mente. No! Per assicurarti la vittoria, devi capire come il tuo nemico interpreta le informazioni e reagisce. Soltanto allora capirai qual è il suo punto debole, e lì colpirai. Il trucco non è inventare un incantesimo a cui nessuno ha mai pensato; il trucco è trovare un incantesimo che il tuo nemico ha trascurato e usarlo contro di lui. Il trucco non è aprire una breccia nelle difese della sua mente; il trucco è scivolare sotto o intorno a quelle barriere. Nessuno è onnisciente, Eragon. Ricordatelo. Galbatorix potrà anche avere un potere immenso, ma non può prevedere ogni possibilità. Qualunque cosa tu faccia, devi continuare a pensare in maniera fluida, libera. Non ti aggrappare a una convinzione tanto da tralasciare altre possibilità. Galbatorix è pazzo, quindi imprevedibile, ma nei suoi ragionamenti ci sono delle falle che in una persona normale non ci sono. Se riesci a trovarle, Eragon, forse allora tu e Saphira potrete sconfiggerlo."
Brom abbassò la pipa, serio in volto. "Spero che ce la facciate. Il mio più grande desiderio è che tu e Saphira viviate una vita lunga e feconda, libera dalla paura di Galbatorix e dell'Impero. Vorrei poterti proteggere da tutti i pericoli che ti minacciano, ma ahimè, non è nelle mie possibilità. Quello che posso fare è darti il mio consiglio e insegnarti ciò che posso ora, mentre sono ancora qui... figlio mio. Qualunque cosa ti succeda, sappi che ti voglio bene e che anche tua madre te ne voleva. Che le stelle ti proteggano, Eragon Bromsson."
Mentre le sue ultime parole riecheggiavano nella mente di Eragon, il ricordo si dissolse lasciandosi dietro una vuota oscurità. Eragon aprì gli occhi e con un certo imbarazzo si accorse che lacrime gli scorrevano lungo le guance. Proruppe in una risatina soffocata e si asciugò col bordo della tunica. Brom temeva davvero che l'odiassi, disse, e tirò su col naso.
Sei più tranquillo adesso? chiese Saphira.
Sì, disse Eragon, e levò il capo. Penso proprio di sì. Alcune delle cose che ha fatto Brom non le condivido, ma sono fiero di chiamarlo padre e di portare il suo nome. Era un grande uomo... Mi addolora soltanto di non aver avuto la possibilità di parlare con i miei genitori da figlio.
Almeno hai potuto passare del tempo con Brom. Io non ho avuto la stessa fortuna. Sia mio padre che mia madre sono morti molto tempo prima che il mio uovo si schiudesse. Tutto quello che ho avuto sono i ricordi confusi di Glaedr.
Eragon le posò una mano sul collo e si consolarono a vicenda, contemplando la foresta degli elfi dal ciglio della rupe di Tel'naeír.
Poco dopo, Oromis emerse dalla capanna con due scodelle di zuppa, ed Eragon e Saphira voltarono le spalle alla rupe e lentamente tornarono al piccolo tavolo davanti all'immensa mole di Glaedr.
ANIME DI PIETRA
Quando Eragon spinse da parte la scodella ormai vuota, Oromis disse calmo: «Ti piacerebbe vedere un fairth di tua madre?»
Eragon rimase per un istante impietrito, sorpreso. «Sì, moltissimo.»
Dalle pieghe della tunica bianca Oromis trasse una tavoletta sottile di ardesia grigia e gliela passò.
Eragon accarezzò la pietra fredda e levigata. Sapeva che dall'altro lato avrebbe trovato una perfetta immagine di sua madre, dipinta per magia da un elfo con dei pigmenti fissati sull'ardesia molti anni prima. Ebbe un brivido d'inquietudine: aveva sempre desiderato vedere sua madre, ma ora che gli si presentava l'opportunità aveva paura di restare deluso. Facendo uno sforzo, voltò la lastra di ardesia e colse - chiara come vista da una finestra - l'immagine di un giardino di rose rosse e bianche illuminate dai pallidi raggi dell'alba. Un sentiero di ghiaia correva attraverso le aiuole di rose, e al centro del sentiero c'era una donna inginocchiata, con le mani a coppa intorno a una rosa bianca che annusava, gli occhi chiusi, l'ombra di un sorriso sulle labbra. È bellissima, pensò. La sua espressione era tenera e dolce, anche se portava indumenti di pelle imbottiti, bracciali e schinieri anneriti, una spada e un pugnale alla cintola. Nella forma del suo volto Eragon scorse un accenno dei propri tratti, e anche una certa rassomiglianza con Garrow, il fratello di lei.
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