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Nasuada posò la fronte contro la mascella della dragonessa e disse: Sei molto saggia, Saphira.
Divertita, la dragonessa sollevò la testa dalle zampe e con la punta del muso toccò la fronte di Nasuada. Dico solo quello che penso, nulla di più. Se questa è saggezza, allora approfittane pure. Io credo che tu possieda già tutta la saggezza che ti serve. Ai Varden potrà anche non piacere che Othmund venga giustiziato, ma ci vorrà molto di più per minare la loro devozione per te. E sono sicura che riuscirai a trovare un modo per rabbonirli.
Già, disse Nasuada asciugandosi gli angoli degli occhi con le dita. Dovrò pensarci. Poi sorrise e il suo volto si trasformò. Ma non è Othmund il motivo per cui sono venuta da te. Eragon mi ha appena cercata per chiedere che tu lo raggiunga nel Farthen Dûr. I nani...
Inarcando il collo, Saphira ruggì verso il cielo, sprigionando il fuoco delle viscere in una vampa fiammeggiante che le guizzò dalla bocca. Nasuada indietreggiò di qualche passo, mentre tutti quelli che si trovavano lì intorno s'impietrirono e rimasero a fissare la dragonessa. Alzandosi sulle quattro zampe, Saphira si scrollò dalla testa alla coda, dimentica della stanchezza, e dispiegò le ali, pronta a spiccare il volo.
Le guardie si precipitarono verso Nasuada, ma lei le fermò con un gesto della mano. Investita da una nuvola di fumo, si coprì il naso con una manica, tossendo. Il tuo entusiasmo è lodevole, Saphira, ma...
Eragon è ferito? Sta male? chiese lei, allarmata quando Nasuada esitò.
Sta bene come sempre, rispose Nasuada. Tuttavia c'è stato un... incidente... ieri.
Che tipo di incidente?
Lui e le sue guardie sono stati attaccati.
Saphira rimase immobile mentre Nasuada le riferiva quanto le aveva detto Eragon. Alla fine, la dragonessa scoprì i denti. Il Dûrgrimst Az Sweldn rak Anhûin deve ringraziare che non ero con Eragon. Non se la sarebbero cavata tanto facilmente dopo aver tentato di ucciderlo.
Con un lieve sorriso, Nasuada disse: Per questo è stato meglio che tu fossi qui.
Può darsi, ammise Saphira, e sprigionò uno sbuffo di fumo bollente dalle narici, agitando la coda. Però non mi sorprende. Succede sempre così: ogni volta che io ed Eragon ci separiamo, qualcuno lo attacca. Mi prudono le squame quando lo perdo di vista per più di un paio d'ore.
È capacissimo di difendersi da solo.
Vero, ma anche i nostri nemici non sono degli sprovveduti. Impaziente, Saphira cambiò posizione, distendendo ancora di più le ali. Nasuada, non vedo l'ora di partire. C'è altro che devo sapere?
No, disse Nasuada. Che il tuo volo sia rapido e sicuro, Saphira, ma non trattenerti quando sarai nel Farthen Dûr. Da quando lascerai il nostro accampamento, avremo soltanto qualche giorno di tempo prima che l'Impero si accorga che non ti ho mandata con Eragon in una breve missione di ricognizione. Galbatorix potrebbe decidere o meno di attaccare mentre siete lontani, ma ogni ora della vostra assenza aumenterà questo rischio. E preferirei avervi con noi quando attaccheremo Feinster. Potremmo anche conquistare la città senza di voi, ma ci costerebbe molte più vite. In poche parole, il destino dei Varden dipende dalla vostra velocità.
Saremo rapidi come il vento di tempesta, la rassicurò Saphira.
Nasuada si congedò e scese dal lastrone di roccia. Blödhgarm e gli altri elfi corsero da Saphira e le legarono addosso quello scomodo aggeggio di cuoio che era la sella di Eragon, con le bisacce piene di viveri e di tutte le altre cianfrusaglie che portava quando viaggiava con il Cavaliere. A lei non servivano le provviste - non avrebbe nemmeno potuto prenderle - ma le toccava portarle per salvare le apparenze. Quando fu pronta, Blödhgarm si portò la mano al petto, nel gesto di rispetto degli elfi, e disse nell'antica lingua: «Arrivederci, Saphira Squamediluce. Che tu ed Eragon possiate tornare sani e salvi.»
Arrivederci, Blödhgarm.
Saphira aspettò che l'elfo dalla scura pelliccia lupesca creasse lo spettro di Eragon e questo uscisse dalla tenda per montarle in groppa. Non sentì niente quando il simulacro immateriale le si arrampicò dalla zampa sulla spalla. Non appena Blödhgarm le fece cenno che il non-Eragon era in sella, la dragonessa levò le ali oltre la testa fino a farle toccare, poi spiccò un balzo in avanti e saltò giù dal lastrone di roccia.
Dopo qualche attimo di caduta libera verso le grigie tende sottostanti, con un deciso colpo d'ali riprese quota, allontanandosi dal duro terreno. Virò in direzione del Farthen Dûr e cominciò a salire verso lo strato d'aria fredda e sottile, dove sperava di trovare una corrente d'aria costante che l'aiutasse a volare più in fretta.
Sorvolò la riva boscosa in cui i Varden avevano deciso di fermarsi per la notte e fu percorsa da un brivido di gioia selvaggia. Non avrebbe più dovuto passare le giornate ad aspettare Eragon che vagava rischiando la vita senza di lei! Non avrebbe più dovuto trascorrere le notti a perlustrare sempre le stesse zone! Ora coloro che volevano ferire il compagno della sua mente e del suo cuore non sarebbero più sfuggiti alla sua ira! Spalancando le fauci, Saphira ruggì al mondo la sua gioia e la sua sicurezza, sfidando gli dei, se esistevano, ad affrontare lei, figlia di Iormûngr e Vervada, due dei più grandi draghi della loro epoca.
Quando ebbe raggiunto una quota di oltre un miglio, dove trovò un forte vento da sud-ovest, Saphira si allineò alla corrente d'aria e si lasciò sospingere, volando sulla terra bagnata di sole. Proiettò i pensieri davanti a sé e disse: Sto arrivando, piccolo mio!
♦ ♦ ♦
QUATTRO COLPI DI TAMBURO
Eragon si protese in avanti, ogni muscolo del corpo in tensione, quando Hadfala, la nana dai capelli bianchi a capo del Dûrgrimst Ebardac, si alzò dal tavolo dove si svolgeva il raduno dei clan e pronunciò una breve frase nella sua lingua nativa.
Mormorandogli nell'orecchio, Hûndfast tradusse: «A nome del mio clan, io voto Grimstborith Orik come nostro nuovo re.»
Eragon liberò il fiato trattenuto. Uno. Per diventare re dei nani, un capoclan doveva conquistare la maggioranza dei voti degli altri capiclan. Se nessuno ci riusciva al primo turno, allora in base alla legge dei nani quello che aveva ottenuto meno voti veniva eliminato, e potevano passare anche tre giorni prima che fosse indetta una nuova votazione. Il procedimento sarebbe continuato fino a quando un capoclan non avesse raggiunto la maggioranza necessaria, e a quel punto gli altri avrebbero giurato fedeltà al nuovo re o alla nuova regina. Visto che il tempo era determinante per i Varden, Eragon sperava con tutto il cuore che la votazione si concludesse in una sola seduta, o almeno che i nani facessero una pausa di appena un paio d'ore. In caso contrario, Eragon pensò che avrebbe potuto rompere il tavolo di pietra al centro della sala per la frustrazione.
Che Hadfala, la prima a votare, avesse espresso il suo favore per Orik era di buon auspicio. Hadfala, come Eragon sapeva bene, aveva sostenuto Gannel del Dûrgrimst Quan prima dell'attentato alla sua vita. Se la lealtà di Hadfala aveva cambiato oggetto, era possibile che anche l'altro membro dello schieramento di Gannel - ovvero Grimstborith Ûndin - desse il suo voto ad Orik.
Poi fu il turno di Gàldhiem del Dûrgrimst Feldûnost. Il nano si alzò dal tavolo, anche se era così basso da risultare più alto da seduto che in piedi.
«A nome del mio clan» dichiarò «io voto Grimstborith Nado come nostro nuovo re.»
Inclinando la testa da un lato, Orik ricambiò lo sguardo di Eragon e gli disse sottovoce: «Be', ce lo aspettavamo.»
Eragon annuì e scoccò un'occhiata a Nado. Il nano dalla faccia tonda si accarezzava la punta della barba gialla con aria soddisfatta.
Poi Manndrâth del Dûrgrimst Ledwonnû disse: «A nome del mio clan, io voto Grimstborith Orik come nostro nuovo re.» Orik lo ringraziò con un cenno del capo, e Manndrâth ricambiò con un buffo movimento del naso adunco.
Quando Manndrâth tornò a sedersi, Eragon e il resto dei presenti si voltarono verso Gannel, e la sala divenne così silenziosa che Eragon non sentiva nemmeno i nani respirare. In qualità di capoclan del Quan - il clan religioso - e di sommo sacerdote di Gûntera, re degli dei dei nani, Gannel esercitava una grande influenza sulla sua razza: la sua scelta avrebbe potuto determinare l'esito della votazione.
«A nome del mio clan» disse Gannel «io voto Grimstborith Nado come nostro nuovo re.»
Un'ondata di esclamazioni smorzate si levò dagli spettatori disposti lungo tutta la circonferenza della sala. Il sorriso soddisfatto di Nado si fece ancora più ampio. Stringendosi le mani sotto il tavolo, Eragon imprecò in silenzio.
«Non perdere le speranze, ragazzo» mormorò Orik. «Possiamo ancora farcela. È già successo che il Grimstborith del Quan abbia perso il voto.»
«Ma quante volte?» sussurrò Eragon.
«Abbastanza spesso.»
«Sì, ma quando è stata l'ultima volta?»
Orik si dondolò a disagio sulla sedia e distolse lo sguardo. «Ottocentoventiquattro anni fa, quando la regina...»
S'interruppe quando Ûndin del Dûrgrimst Ragni Hefthyn proclamò: «A nome del mio clan, io voto Grimstborith Nado come nostro nuovo re.»
Orik incrociò le braccia. Eragon riusciva a vederlo soltanto di profilo, ma era ovvio che il nano era nervoso.
Mordendosi l'interno della guancia, Eragon abbassò lo sguardo sul pavimento a mosaico e contando i voti che erano stati dati e quelli che ancora restavano cercò di calcolare se Orik avesse ancora la possibilità di vincere le elezioni. Sarebbe stata comunque una vittoria di misura. Strinse ancora più forte le mani, conficcandosi le unghie nella carne.
Thordris del Dûrgrimst Nagra si alzò e si avvolse la lunga e folta treccia sul braccio. «A nome del mio clan, io voto Grimstborith Orik come nostro nuovo re.»
«Così siamo tre a tre» bisbigliò Eragon. Orik annuì.
Era il turno di Nado. Lisciandosi la barba con la mano, il capo del Dûrgrimst Knurlcarathn rivolse un sorriso all'assemblea, con un luccichio da predatore negli occhi. «A nome del mio clan voto me stesso come nostro nuovo re. Se sceglierete me, prometto di liberare il nostro paese dagli stranieri che lo hanno inquinato, e prometto di usare il nostro oro e i nostri guerrieri per proteggere la nostra gente, e non la vita di elfi, umani e Urgali. Lo giuro sull'onore della mia famiglia.»
«Quattro a tre» commentò Eragon.
«Già» disse Orik. «Immagino sarebbe stato troppo chiedere a Nado di votare per un altro.»
Posando il coltello e il pezzo di legno che stava intagliando, Freowin del Dûrgrimst Gedthrall riuscì appena a liberare la sua mole dalla sedia e, tenendo lo sguardo basso, dichiarò con la sua voce baritonale: «A nome del mio clan, io voto Grimstborith Nado come nostro nuovo re.» Poi si risedette di schianto e riprese a intagliare il corvo di legno, ignorando i mormorii di sorpresa che percorsero la stanza.
L'espressione di Nado passò da un pacato compiacimento a una gongolante soddisfazione.
«Barzûl» borbottò Orik, con la faccia sempre più torva. La sedia scricchiolò quando calcò i gomiti sui braccioli, i tendini delle mani in rilievo per la tensione. «Quel traditore dalla doppia faccia. Mi aveva promesso il suo voto.»
Eragon sentì contorcersi lo stomaco. «Perché tradirti?»
«Va al tempio di Sindri due volte al giorno. Avrei dovuto immaginare che non si sarebbe messo contro Gannel. Bah! Gannel lavora contro di me da sempre. Io...» In quel momento l'attenzione di tutti i presenti si concentrò su di lui. Nascondendo la rabbia, Orik si alzò in piedi e fece scorrere lo sguardo su ciascuno dei capiclan seduti intorno al tavolo. Poi, nella sua lingua nativa, disse: «A nome del mio clan, voto me stesso come nostro nuovo re. Se sceglierete me, prometto di portare alla nostra gente gloria e oro e la libertà di vivere sopra la terra e non più sotto, senza timore che Galbatorix distrugga le nostre case. Lo giuro sull'onore della mia famiglia.»
«Cinque a quattro» mormorò Eragon a Orik quando il nano tornò a sedersi. «E non a nostro favore.»
Orik grugnì. «So contare, Eragon.»
Eragon appoggiò i gomiti sulle ginocchia, gli occhi che correvano da un nano all'altro. La smania di agire lo divorava come un tarlo. Non sapeva che fare, ma con una posta in gioco così alta, avvertiva l'urgenza di trovare un modo per garantire a Orik la vittoria, e di conseguenza assicurare ai Varden l'aiuto dei nani nella lotta contro l'Impero. Malgrado i suoi sforzi, però, non riuscì a pensare a niente di meglio che starsene seduto ad aspettare.
Poi toccò a Havard del Dûrgrimst Fanghur. Il mento sul petto, Havard spinse in fuori le labbra, tamburellando sul tavolo con le due dita che gli restavano nella mano destra, con aria pensierosa. Eragon si protese appena di un soffio dalla sedia, col cuore che gli batteva. Rispetterà il patto con Orik? si domandò.
Havard tamburellò sul tavolo ancora una volta, poi lo colpì con il palmo della mano e, alzando il mento, disse: «A nome del mio clan, io voto Grimstborith Orik come nostro nuovo re.»
Per Eragon fu una grande soddisfazione vedere Nado sgranare gli occhi e digrignare i denti, un muscolo della guancia contratto in uno spasmo involontario. «Ha!» mormorò Orik. «Questo sì che gli ha fatto annodare la barba!»
Gli unici due capi clan che dovevano ancora votare erano Reidamar e Íorûnn. Reidamar, il massiccio, muscoloso grimstborith degli Urzhad, sembrava a disagio, mentre Íorûnn - la nana a capo del Dûrgrimst Vrenshrrgn, i Lupi da Guerra - si accarezzò la cicatrice a mezzaluna sullo zigomo sinistro con la punta di un'unghia affilata e sorrise, sorniona come una gatta.
Eragon trattenne il fiato mentre aspettava di sentire che cosa avrebbero detto. Se Íorûnn vota per sé, pensò, e se Reidamar le resta fedele, allora si andrà a un secondo turno di elezioni. Però non c'è motivo che lo faccia, se non per ritardare gli eventi, e a quanto ne so non ne trarrebbe alcun vantaggio. A questo punto non ha alcuna speranza di diventare regina; il suo nome verrebbe scartato prima dell'inizio del secondo turno, e dubito che sarebbe tanto sciocca da sprecare il potere che possiede in questo momento soltanto per vantarsi con i nipoti di essere stata candidata al trono. Ma se anche Reidamar votasse di testa sua, si andrebbe al secondo turno... Ah! Se solo potessi divinare il futuro! E se Orik perde? In quel caso dovrei forse prendere il controllo del raduno? Potrei sigillare la sala affinché nessuno possa entrare né uscire, e allora... Ma no, sarebbe... Íorûnn interruppe il corso dei suoi pensieri facendo un cenno a Reidamar per poi fissare il suo sguardo su Eragon, che si sentì sotto esame come un bove da competizione. Reidamar si alzò, con un tintinnio metallico della cotta di maglia, e disse: «A nome del mio clan, io voto Grimstborith Orik come nostro nuovo re.»
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