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Infine Orik chiamò a testimoniare Eragon. Il giovane si sentiva nervoso mentre avanzava verso il tavolo sotto lo sguardo dei tredici capiclan incupiti. Fissò una piccola spirale di colore su un pilastro di marmo davanti a sé e cercò di reprimere il disagio. Ripeté il giuramento così come lo pronunciò uno dei maghi e poi, limitandosi allo stretto necessario, raccontò dell'attacco. Infine rispose alle inevitabili domande dei nani e permise a due maghi, scelti a caso da Gannel tra i presenti, di esaminare i ricordi che serbava dell'evento. Via via che abbassava le barriere attorno alla sua mente, Eragon notò che cresceva l'apprensione dei due maghi, e lo trovò confortante. Bene, pensò. Se hanno paura di me, sarà meno probabile che ficchino il naso dove non dovrebbero.
Con suo grande sollievo, l'ispezione procedette senza incidenti e i maghi confermarono la sostanza del suo racconto ai capiclan.
Gannel si alzò e si rivolse agli esperti di legge: «Siete soddisfatti delle prove che Grimstborith Orik ed Eragon Ammazzaspettri vi hanno portato?»
I cinque nani dalla barba bianca si inchinarono e quello al centro rispose: «Sì, Grimstborith Gannel.»
Gannel grugnì; non sembrava molto sorpreso. «Grimstborith Vermûnd, sei responsabile della morte di Kvîstor, figlio di Bauden. Per di più hai tentato di uccidere un ospite, gettando la vergogna sull'intera razza. Che cos'hai da dire a riguardo?»
Il capoclan dell'Az Sweldn rak Anhûin premette le mani sul tavolo, le vene in rilievo sotto la pelle abbronzata. «Se questo Cavaliere dei Draghi è un knurla in tutto e per tutto tranne che nel sangue, allora non è un ospite, e dunque possiamo trattarlo come se fosse un qualunque nemico di un clan diverso.»
«Oh, ma è assurdo!» esclamò Orik, quasi sputacchiando tanto era infuriato. «Non puoi sostenere che Era...»
«Per cortesia, Orik, tieni a freno la lingua» intervenne Gannel. «Gridare non servirà a chiarire questo punto. Orik, Nado, Íorûnn, venite con me.»
Eragon si sentì attanagliare dalla preoccupazione mentre i quattro nani conferivano con gli esperti giuristi. Di sicuro non lasceranno che Vermûnd la faccia franca solo grazie a qualche gioco di parole! Dev'essere punito, pensò.
Tornata al tavolo, Íorûnn disse: «Gli esperti giuristi hanno espresso un giudizio unanime. Oltre a essere un membro effettivo del Dûrgrimst Ingeitum, Eragon riveste posizioni di prestigio al di fuori del nostro regno: prima di tutto è un Cavaliere dei Draghi, ma è anche un inviato ufficiale dei Varden, mandato da Nasuada per assistere all'incoronazione del nostro prossimo sovrano, e un amico molto influente della regina Islanzadi e del suo popolo. Per questi motivi gli è dovuta la stessa ospitalità che concederemmo a ogni altro ambasciatore, principe, monarca o autorità in visita.» La donna gli scoccò un'occhiata, gli occhi scuri e luccicanti sfacciatamente puntati sul suo corpo. «In breve, è un ospite d'onore, e noi dobbiamo trattarlo come tale... ogni knurla con un po' di buonsenso dovrebbe saperlo.»
«Sì, è nostro ospite» convenne Nado. Aveva le labbra esangui e screpolate e le guance tese, come se avesse appena dato un morso a una mela scoprendo che non era ancora matura.
«Che cos'hai da dire ora, Vermûnd?» gli chiese Gannel.
Alzatosi, il nano coperto dal lungo velo viola passò in rassegna i presenti seduti al tavolo, guardando un capoclan dopo l'altro. «Sentite bene cos'ho da dire, grimstborithn: se uno dei vostri clan rivolge l'ascia contro l'Az Sweldn rak Anhûin a causa di queste false accuse, lo giudicheremo un atto di guerra e risponderemo nel modo più appropriato. Se mi imprigionate, lo giudicheremo un atto di guerra e risponderemo nel modo più appropriato.» Eragon vide il velo di Vermûnd fremere e immaginò che il nano stesse sorridendo. «Se ci colpirete, che sia con l'acciaio o con le parole, per quanto blanda sia la vostra accusa, lo giudicheremo un atto di guerra e risponderemo nel modo più appropriato. A meno che non siate ansiosi di mandare il nostro paese in mille sanguinosi pezzi, vi suggerisco di lasciare che il vento spazzi via la discussione di stamattina e di concentrarvi invece su chi salirà sul trono di granito per governarci.»
I capiclan rimasero seduti a lungo in silenzio.
Eragon dovette mordersi la lingua per trattenersi dal balzare sul tavolo e scagliarsi contro Vermûnd almeno finché i nani non avessero acconsentito a impiccarlo per i crimini commessi. Ricordò a se stesso che aveva promesso a Orik di assecondarlo durante la consulta. Orik è il mio capoclan e devo lasciare che replichi a questa dichiarazione come meglio crede.
Freowin sciolse le mani e picchiò sul tavolo un palmo carnoso. Con la sua roca voce da baritono, che si diffuse per tutta la stanza benché non sembrasse più forte di un sussurro, il nano corpulento disse: «Hai gettato la vergogna sulla nostra razza, Vermûnd. Non possiamo mettere da parte il nostro onore di knurlan e ignorare la tua violazione.»
Hadfala fece frusciare il fascio di pagine ricoperte di rune e disse: «Che cosa credevi di ottenere uccidendo Eragon, se non la nostra rovina? Anche se i Varden riuscissero a detronizzare Galbatorix senza di lui, hai mai pensato al dolore che ci riverserebbe addosso la dragonessa Saphira se uccidessimo il suo Cavaliere? Colmerebbe il Farthen Dûr di un mare di sangue. Il nostro.»
Vermûnd non proferì parola.
Una risata squarciò il silenzio. Il suono fu così inaspettato che all'inizio Eragon non si accorse che proveniva da Orik. Quando quello scatto d'ilarità si fu placato, Orik disse: «Se prendiamo provvedimenti contro l'Az Sweldn rak Anhûin lo giudicherai un atto di guerra, Vermûnd? Benissimo: allora non dobbiamo farlo, niente affatto.»
Vermûnd sporse in avanti la fronte. «E allora dove sta il divertimento?»
Orik ridacchiò di nuovo. «Ho pensato a una cosa che evidentemente ti è sfuggita. Vuoi che lasciamo in pace te e i tuoi? Allora propongo ai clan qui presenti di esaudire la tua richiesta. Se Vermûnd ha agito da solo e non in qualità di grimstborith, sarà bandito per le sue offese sotto pena di morte. E tratteremo il suo clan alla stessa stregua: bandiremo l'Az Sweldn rak Anhûin dai nostri cuori e dalle nostre menti finché non sceglieranno di sostituire Vermûnd con un capoclan di temperamento più moderato e finché non riconosceranno il loro crimine e non se ne pentiranno davanti a questo raduno, dovessimo anche aspettare un migliaio di anni.»
La pelle rugosa attorno agli occhi di Vermûnd impallidì. «Non oseresti mai.»
Orik sorrise. «Così non toccheremmo né te né il tuo clan, nemmeno con un dito. Ci limiteremo a ignorarti e a rifiutarci di commerciare con l'Az Sweldn rak Anhûin. Ci dichiarerai guerra perché non facciamo niente, Vermûnd? Se gli altri capiclan sono d'accordo con me, questo è precisamente ciò che faremo: niente. Ci minaccerai con la spada per costringerci a comprare il vostro miele, le vostre stoffe e i vostri gioielli di ametista? Non hai abbastanza guerrieri.» Rivolto al resto dei presenti, chiese: «Voi che ne dite?»
I capiclan non impiegarono molto a decidere. Uno dopo l'altro, si alzarono e votarono per bandire l'Az Sweldn rak Anhûin. Perfino Nado, Gàldhiem e Havard, prima alleati di Vermûnd, sostennero la proposta di Orik. A ogni voto a favore, il lembo di pelle visibile sotto il velo di Vermûnd diventava sempre più bianco, finché non parve un fantasma ancora avvolto negli abiti della vita precedente.
Quando la votazione fu conclusa, Gannel indicò la porta e disse: «Vattene, Vargrimstn Vermûnd. Lascia Tronjheim oggi stesso, e che nessun altro membro dell'Az Sweldn rak Anhûin osi interrompere questo raduno finché non saranno rispettate le condizioni stabilite. Fino a quel momento, chiunque di loro sarà escluso. Sappi una cosa, tuttavia, Vermûnd: mentre quelli del tuo clan potranno essere assolti dal loro disonore, tu rimarrai un Vargrimstn fino al giorno della tua morte. Questo è il volere dei capiclan qui riuniti.» Conclusa la sua dichiarazione, Gannel sedette.
Vermûnd rimase dov'era, le spalle scosse da un'emozione che Eragon non riuscì a identificare. «Siete voi che avete infangato e tradito la nostra razza» borbottò. «I Cavalieri dei Draghi hanno ucciso tutti i componenti del nostro clan, tranne Anhûin e le sue guardie. Vi aspettate che possiamo dimenticarlo? Vi aspettate che possiamo perdonare? Bah! Io sputo sulle tombe dei vostri antenati. Noi almeno non abbiamo perso la barba. Non staremo qui a gingillarci con questo burattino degli elfi mentre i membri defunti della nostra famiglia gridano ancora vendetta.»
Dato che nessuno degli altri capiclan replicava, Eragon si infuriò, e stava per rispondere all'invettiva di Vermûnd con parole dure quando Orik gli scoccò un'occhiata e scosse il capo in modo quasi impercettibile. Eragon tenne a freno la rabbia con difficoltà, pur chiedendosi perché Orik permetteva che insulti così gravi venissero ignorati.
È come se... Oh.
Allontanata la sedia dal tavolo, Vermûnd si alzò, le mani strette a pugno, le spalle diritte. Riprese a parlare, rimproverando e denigrando i capiclan con crescente veemenza, finché non si ritrovò a gridare a squarciagola.
Per quanto oltraggiose fossero le sue imprecazioni, i capiclan non risposero. Fissavano un punto in lontananza, come se stessero ponderando complessi dilemmi, e il loro sguardo scivolava su Vermûnd senza soffermarsi. Nella concitazione del momento, quando il traditore afferrò Reidamar per la cotta di maglia, tre delle guardie del capo del Dûrgrimst Urzhad balzarono su di lui e lo allontanarono, ma Eragon notò che mantenevano un'espressione mite e serafica, come se stessero solo aiutando il loro capo ad aggiustarsi l'usbergo. Quando ebbero lasciato andare Vermûnd, non lo degnarono più di alcuna attenzione.
Eragon sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena. I nani si comportavano come se Vermûnd avesse cessato di esistere. Dunque nel regno dei nani significa questo essere banditi. Eragon pensò che avrebbe preferito essere ucciso piuttosto che subire un simile destino, e per un attimo provò un moto di pietà per Vermûnd, che però svanì non appena si ricordò dell'espressione di Kvîstor in punto di morte.
Concluso il suo discorso con un'imprecazione, Vermûnd uscì a grandi falcate dalla stanza, seguito dai membri del suo clan che l'avevano accompagnato al raduno.
Non appena le porte si furono chiuse alle sue spalle, l'atmosfera del raduno si distese. I nani si guardarono intorno liberamente e ripresero a parlare ad alta voce, discutendo di altri provvedimenti possibili da prendere nei confronti dell'Az Sweldn rak Anhûin.
Poi Orik batté il pomolo del suo pugnale sul tavolo e tutti si volsero ad ascoltarlo. «Ora che Vermûnd è stato sistemato, c'è un altro argomento che vorrei sottoporre alla vostra attenzione. Lo scopo di questo raduno è eleggere il successore di Rothgar. Abbiamo avuto tutti molto da dire a riguardo, ma ora credo che i tempi siano maturi per mettere da parte le parole e lasciar parlare i fatti. Dunque vi chiedo di decidere se siamo pronti - e secondo me lo siamo - a procedere alla votazione finale in capo a tre giorni, come previsto dalla nostra legge. Io voto sì.»
Freowin guardò Hadfala, che guardò Gannel, che guardò Manndrâth, che si toccò il naso adunco e guardò Nado, sprofondato nella sedia e intento a mordersi l'interno di una guancia.
«Sì» disse Íorûnn.
«Sì» le fece eco Ûndin.
«... Sì» confermò Nado, e così fecero anche gli altri otto capiclan.
Ore dopo, durante la pausa per il pranzo, Orik e Eragon tornarono nell'alloggio del nano per mangiare. Nessuno dei due parlò finché non furono nelle sue stanze, al sicuro da orecchie indiscrete. Solo allora Eragon si concesse un sorriso. «Hai sempre avuto in mente di bandire l'Az Sweldn rak Anhûin, vero?»
Con espressione soddisfatta, anche Orik sorrise e si diede una pacca sulla pancia. «Già. Era l'unica azione che potevo intraprendere per non arrivare alla guerra. Forse scoppierà comunque, ma non sarà per causa nostra. Dubito che una tale calamità si abbatta su di noi, comunque. Per quanto ti detestino, gli Az Sweldn rak Anhûin rimarranno inorriditi da ciò che ha fatto Vermûnd a nome di tutto il clan. Non resterà il loro grimstborith a lungo, credo.»
«E adesso ti sei assicurato che la votazione per eleggere il nuovo re...» «O la nuova regina.»
«... o la nuova regina abbia luogo fra tre giorni.» Eragon esitò, riluttante
all'idea di incrinare la gioia di Orik, ma poi gli chiese: «Hai davvero tutto il sostegno che ti serve per ottenere il trono?»
Orik si strinse nelle spalle. «Prima di stamattina non ce l'aveva nessuno. Adesso gli equilibri si sono modificati e per il momento le simpatie degli altri clan sono per noi. Bisognerà cogliere l'occasione; non avremo mai un'opportunità migliore di questa. E comunque non possiamo permettere che la consulta si protragga oltre. Se non torni presto dai Varden, potrebbe essere tutto perduto.»
«Che cosa facciamo in attesa del voto?»
«Prima di tutto dobbiamo festeggiare il nostro successo con un banchetto» dichiarò Orik. «Poi, quando saremo sazi, riprenderemo le nostre attività: cercheremo di ottenere altri voti e nel contempo difenderemo quelli che ci siamo già conquistati.» Poi Orik sorrise di nuovo e i denti candidi brillarono sotto la barba. «Ma prima di tracannare anche un solo sorso di idromele, devi occuparti di una cosa di cui ti sei dimenticato.»
«Ossia?» chiese Eragon, confuso dalla gioia di Orik.
«Be', devi invitare Saphira a Tronjheim, naturalmente! Che io diventi re oppure no, fra tre giorni il nuovo sovrano sarà incoronato. Se Saphira deve essere dei nostri, dovrà volare veloce per arrivare in tempo.»
Con una muta imprecazione, Eragon corse a cercare uno specchio.
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INSUBORDINAZIONE
Roran s'inginocchiò per toccare il terriccio nero.
Era freddo. Staccò una piccola zolla e la sbriciolò fra le dita, notando compiaciuto come era umida e ricca di foglie in decomposizione, di steli, di muschio e di altro materiale organico, eccellente concime per le colture. La premette contro le labbra e la lingua. La zolla sapeva di vita, satura di centinaia di aromi: montagne polverizzate e scarafaggi e legno marcio e tenera erbetta.
Questa terra è buona da coltivare, pensò. Ritornò col pensiero alla Valle Palancar e rivide il campo d'orzo della fattoria inondato di sole autunnale - file ordinate di steli dorati che ondeggiavano nella brezza - con il fiume Anora a ovest e le montagne innevate che svettavano su entrambi i lati della valle. Dovrei essere laggiù, ad arare la terra e mettere su famiglia con Katrina, non qui a innaffiare il terreno con linfa di membra umane.
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