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Prese la mappa di Alagasëia, ripose le borse e si accovacciò davanti al fuoco. Murtagh alzò lo sguardo dalle lepri che stava scuoiando e strinse gli occhi. «Quella spada. Posso vederla?» domandò, pulendosi le mani.
Eragon esitò, restio a separarsi dalla spada anche per un solo istante; poi annuì, Murtagh esaminò il simbolo sulla lama con attenzione. Il suo volto si adombrò. «Dove l'hai presa?»
«Me l'ha data Brom. Perché?»
Murtagh gli restituì la spada con fare brusco e incrociò le braccia, accigliato. Aveva il respiro pesante. «Quella spada» disse con voce densa di emozione «un tempo era nota almeno quanto il suo proprietario. L'ultimo Cavaliere a possederla fu Morzan, un uomo spietato e brutale. Credevo che fossi un nemico dell'Impero, e invece eccoti qui a portare una delle spade di quei maledetti Rinnegati!»
Eragòn guardò Zar'roc, sconcertato. Capì che Brom doveva averla sottratta a Morzan dopo che avevano combattuto a Gil'ead. «Brom non mi ha mai detto da dove veniva» disse con onestà. «Non avevo idea che fosse di Morzan.»
«Non te l'ha mai detto?» fece Murtagh, con una sfumatura di scetticismo nella voce. «Strano. Non riesco a pensare a un motivo per cui te lo debba aver tenuto nascosto.»
«Nemmeno io. Ma a dire il vero aveva molti segreti.» Eragon si sentiva a disagio, ora che sapeva di possedere la spada dell'uomo che aveva tradito i Cavalieri per Galbatorix. Questa lama deve aver ucciso molti Cavalieri ai suoi tempi, pensò con orrore, E peggio, anche draghi! «Comunque sia, ho intenzione di tenerla. Non ho una spada tutta mia. Finché non ne avrò una, userò Zar'roc.» Murtagh rabbrividì sentendo pronunciare quel nome. «Come vuoi» disse, e riprese a spellare le lepri, a occhi bassi.
Quando fu pronto, Eragon mangiò lentamente, anche se aveva fame. Il cibo caldo lo fece sentire meglio. Mentre grattavano il fondo delle scodelle, disse; «Devo vendere il mio cavallo.» «Perché non quello di Brom?» fece Murtagh. Sembrava aver dimenticato il malumore di poco prima.
«Fiammabianca? Perché Brom ha promesso di prendersi cura di lui, e dato che... non c'è più, me ne occuperò io.»
Murtagh posò la scodella in grembo. «Se è questo che vuoi, credo che troveremo un compratore in qualche città o in villaggio.»
«Troveremo?»
Murtagh gli scoccò un'occhiata eloquente. «Non puoi restare ancora a lungo. Se i Ra'zac sono qui intorno, la tomba di Brom sarà come un faro per loro.» Eragon non ci aveva pensato. «E le tue costole ci metteranno del tempo a guarire. So che sei in grado di difenderti con la magia, ma hai bisogno di un compagno che sollevi gli oggetti pesanti e usi una spada. Ti sto chiedendo di viaggiare con te, almeno per un po'. Ma devo avvertirti, l'Impero mi sta cercando. Potrebbe scorrere del sangue.»
Eragon rise debolmente e si ritrovò a piangere, tanto faceva male. Ripreso fiato, disse: «Non m'importa se tutto l'esercito ti sta cercando. Hai ragione. Mi serve aiuto. Sarò felice di averti come compagno, ma devo prima parlarne con Saphira. Però anch'io devo avvertirti che Galbatorix potrebbe mandare l'intero esercito a cercare me. Non sarai più al sicuro con me e Saphira di quanto non lo saresti da solo.»
«Questo lo so» disse Murtagh con un ghigno. «Ma è lo stesso.»
«Bene.» Eragon gli sorrise, grato.
Mentre parlavano, Saphira entrò nella caverna e salutò Eragon. Era contenta di vederlo, ma nei suoi pensieri e nelle sue parole c'era una profonda tristezza. Appoggiò la grande testa azzurra sul pavimento e domandò: Stai bene?
Non tanto.
Mi manca il vecchio.
Anche a me... Non ho mai sospettato che fosse un Cavaliere.Brom!. Era davvero vecchio... vecchio quanto i Rinnegati. Tutto quello che mi ha insegnato sulla magìa deve averlo imparato dai Cavalieri.
Saphira si agitò appena. Io ho saputo chi era dal momento stesso in cui mi ha toccato, alla fattoria. E non me l'hai detto? Perché?
Perché lui mi chiese di non farlo, rispose lei semplicemente.
Eragon decise di non farlo diventare un problema. Saphira non aveva avuto intenzione di ferirlo. Brom aveva molti segreti, le disse, e le spiegò di Zar'roc e della reazione : di Murtagh. Ora capisco perché Brom non mi raccontò delle orìgini di Zar'roc quando me la diede. Se l'avesse fatto, probabilmente sarei fuggito da lui alla prima occasione.
Non faresti male a sbarazzarti di quella spada, disse la dragonessa con orrore. So che è un'arma impareggiabile, ma per te sarebbe meglio una spada normale, piuttosto che lo scannatoio di Morzan.
Può darsi. Saphira, dove prosegue il nostro cammino? Murtagh sì è offerto dì accompagnarci. Non conosco il suo passato, ma mi sembra onesto. Secondo te è tempo di andare dai Varden? Però non so come trovarli Brom nonce l'ha mai detto.
A me sì, disse Saphira.
Eragon si adombrò. Perché ti ha confidato tutte queste cose e a me no?
Le squame di lei rasparono sull'arida roccia quando si alzò sopra di lui, gli occhi profondi. Dopo essere partiti da Teirm e aver subito l'attacco degli Urgali. Brom mi confidò parecchie cose. Ce ne sono.alcune che terrò ancora per me, finché non sarà necessario svelarle. Era preoccupato di morire e di quello che sarebbe potuto accaderti Mi fece il nome di un uomo. Dormand, che vive a Gil'ead. Luì può aiutarci a trovare i Varden. Brom voleva anche che sapessi che di tutta la popolazione di Alagasëia era convinto che infossi il più dotato per ricevere l’eredità dei Cavalieri. Gli occhi di Eragon si riempirono di lacrime. Era l'elogio più bello che avesse mai ricevuto da Brom. Una responsabilità che porterò con onore.
Bene.
Allora andiamo a Gil'ead, dichiarò Eragon, sentendo tornare in sé il senso della propria missione. E Murtagh? Credi che potremmo portarlo con noi?
Gli dobbiamo la vita, disse Saphira. Ma anche se non fosse così, comunque ci ha visti. È meglio tenerlo d'occhio perché non dia all'Impero la nostra posizione e la nostra descrizione, spontaneamente o costretto. Eragon fu d'accordo con lei; poi le raccontò il sogno. Ciò che ho visto mi ha turbato. Sento che il suo tempo sta per scadere; presto le accadrà qualcosa di terribile. È in pericolo mortale, ne sono convinto, ma non so come trovarla! Potrebbe essere ovunque. Che cosa dice il tuo cuore? domandò Saphira.
Il mio cuore è morto da tempo, disse Eragon con una punta di nero sarcasmo. Ma credo che dovremmo andare verso nord, a Gil'ead. Se abbiamo fortuna, in una delle città o dei villaggi che incontreremo lungo la strada -potremmo trovare la donna. Temo che il prossimo sogno mi mostrerà la sua tomba. Non posso sopportarlo.
Perché?
Non lo so, disse lui, stringendosi nelle spalle. È solo che quando la vedo, sento che è preziosa e che non deve morire... È molto strano, Saphira aprì l'enorme bocca e rise sommessamente, le zanne scintillanti. Che cosa c'è? domandò Eragon risentito. Lei scosse il testone e si allontanò in silenzio. Eragon borbottò fra sé, poi andò da Murtagh a riferirgli la decisione presa, Murtagh disse; «Se trovate questo Dormand e poi andate dai Varden, allora vi lascio. Per me incontrare i Varden sarebbe pericoloso quando entrare a Urù'baen disarmato con una fanfara che annuncia il mio arrivo.»
«Non occorre separaci subito» disse Eragon. «È una lunga strada, fino a Gil'ead.» La sua voce s'incrinò appena, e il ragazzo guardò il sole, socchiudendo gli occhi, per distrarsi. «Dovremmo partire prima che il giorno invecchi troppo.»
«Ti senti in grado di viaggiare?» gli chiese Murtagh, aggrottando la fronte.
«Devo fare qualcosa, altrimenti impazzisco» rispose Eragon in tono brusco. «Lavorare di spada, esercitarmi con la magia o restare seduto a oziare non mi sembrano valide alternative in questo momento: quindi scelgo di viaggiare.»
Spensero il fuoco, fecero i bagagli e condussero i cavalli fuori dalla grotta. Eragon porse le redini di Cadoc e Fiammabianca a Murtagh, dicendo: «Va' avanti. Io scendo subito.» Murtagh intraprese la lenta discesa lungo il pendio scivoloso. .
LA CATTURA
C
avalcare era un vero tormento per Eragon: le costole rotte gli impedivano di procedere spedito, e se cercava di trarre un respiro un po' più profondo, il dolore diventava lancinante. Nonostante tutto, non voleva fermarsi. Saphira volava basso, la mente legata con quella del
ragazzo per consolarlo e infondergli forza.
Murtagh cavalcava deciso sul suo stallone, a cui era legato Cadoc, che seguiva docile il passo del superbo animale. Eragon osservò il grigio destriero per qualche minuto. «Hai un cavallo magnifico. Come si chiama?»
«Tornac, come l'uomo che mi ha insegnato a combattere.» Murtagh diede una pacca affettuosa sul fianco dell'animale. «Mi è stato dato quando non era che un puledro. È impossibile trovare in tutta Alagasëia un animale più coraggioso e intelligente di lui, tranne Saphira, s'intende.» «È una bestia straordinaria» commentò Eragon, ammirato. Murtagh rise. «Sì, ma Fiammabianca è il cavallo più simile a lui che abbia mai visto.»
Coprirono una breve distanza quel giorno, eppure Eragon era contento di essere di nuovo in marcia. Gli teneva la mente lontana da pensieri più torbidi. Stavano attraversando un territorio selvaggio. La strada per Dras-Leona era a parecchie leghe di distanza, alla loro sinistra. Volevano lasciare un ampio margine nell'aggirare la città per puntare verso Gil'ead, che si trovava poco più a sud di Carvahall.
Vendettero Cadoc in un piccolo villaggio. Mentre il cavallo veniva portato via dal nuovo proprietario, Eragon si infilò in tasca le poche monete guadagnate con aria avvilita. Era difficile separarsi da Cadoc dopo aver attraversato mezza Alagaësia e aver seminato gli Urgali in groppa all'animale.
Le giornate si susseguirono senza avvenimenti degni di nota, mentre il piccolo gruppo viaggiava isolato. Eragon scoprì con piacere che lui e Murtagh condividevano diversi interessi; trascorsero lunghe ore a discutere di caccia e tiro con l'arco,
Tuttavia c'era un argomento che entrambi evitavano di toccare: il loro passato. Eragon non spiegò come aveva trovato Saphira, conosciuto Brom o da dove veniva. Dal canto suo, Murtagh era altrettanto laconico sulla ragione per cui l'Impero gli dava la caccia. Era un tacito accordo che comunque funzionava.
Eppure, grazie alla stretta vicinanza, fu inevitabile che apprendessero qualcosa l'uno dell'altro. Eragon rimase affascinato dalla familiarità che Murtagh aveva con gli intrighi di palazzo e la politica dell'Impero. Sembrava conoscere le mosse di ogni nobile e cortigiano e saperne valutare l'impatto sugli altri. Eragon. ascoltava con attenzione, senza riuscire a liberarsi da un vago senso d'inquietudine e sospetto,
La prima settimana trascorse senza tracce dei Ra'zac, e per un po' i. timori di Eragon si acquietarono; malgrado questo, la notte continuavano ad alternarsi nei turni di guardia, Eragon si era aspettato di incontrare Urgali sulla via per Gil'ead, ma nemmeno di quei mostri trovarono tracce. Credevo che queste terre desolate pullulassero di Urgali, si disse. Ma non sarò io a lamentarmi se hanno scelto di andare da qualche altra parte.
Non sognò più la donna. E anche se provò a divinarla con la cristallomanzia, vide soltanto una cella vuota. Ogni volta che passavano per un villaggio o una città, chiedeva sempre se c'era una prigione. In quel caso, si travestiva e andava a controllare, ma non l'aveva ancora trovata. I suoi travestimenti divennero sempre più complicati quando notò gli editti con il suo nome e la sua descrizione, che promettevano una lauta ricompensa per chi avesse contribuito alla sua cattura, affissi in diverse città.
Il viaggio verso nord li costrinse a passare vicino alla capitale. Urù'baen, Era una regione molto popolata, il che rendeva arduo passare inosservati. Drappelli di soldati pattugliavano le strade e sorvegliavano i ponti. Impiegarono parecchi giorni, giorni di tensione e scatti di nervosismo, per aggirare la capitale.
Una volta superata senza intoppi Urù'baen, si ritrovarono ai margini di una vasta pianura. Era la stessa che Eragon aveva attraversato dopo aver lasciato la Valle Palancar; solo che ora si trovava sul lato opposto. Proseguirono lungo il perimetro della pianura, sempre diretti a nord, seguendo il corso del fiume Ramr.
Il sedicesimo compleanno di Eragon cadde in quel periodo. A Carvahall ci sarebbero stati grandi festeggiamenti per celebrare il suo ingresso nell'età adulta, ma nella natura selvaggia non ne parlò neppure con Murtagh.
A quasi sei mesi di età, Saphira era molto più grande. Le sue ali erano enormi e robuste: ogni pollice di esse era necessario per sollevare il suo corpo muscoloso e le ossa pesanti. Le zanne che sporgevano dalle sue labbra erano grosse quanto il pugno di Eragon, e le punte affilate come Zar'roc.
E finalmente arrivò il giorno in cui Eragon si tolse le bende dal fianco. Le sue costole erano del tutto guarite; gli era rimasta solo una piccola cicatrice dove lo stivale del Ra'zac gli aveva lacerato la pelle. Sotto gli occhi di Saphira, si stiracchiò piano, e quando non avvertì alcun dolore allungò le membra con più forza e fletté i muscoli, compiaciuto. In altri tempi avrebbe sorriso, ma dopo la morte di Brom accadeva molto di rado.
Si infilò di nuovo la tunica e si avvicinò al piccolo fuoco da campo che avevano acceso. Murtagh era seduto, intento a tagliuzzare un pezzo di legno. Eragon estrasse Zar'roc dal fodero. Murtagh si irrigidì, ma il suo volto rimase calmo. «Adesso che ho ripreso le forze, ti andrebbe di allenarti con me?» gli chiese Eragon.
Murtagh depose il pezzo di legno. «Con le spade? Così ci faremo del male.»
«Dammi la tua arma» disse Eragon. Murtagh esitò, poi gli porse lo spadone. Eragon ne smussò iI taglio con la magia, come Brom gli aveva insegnato. Mentre Murtagh esaminava l'arma, Eragon disse: «La farò tornare come prima quando avremo finito.»
Murtagh controllò l'equilibrio della sua lama. Soddisfatto, rispose: «D'accordo.» Eragon gettò lo stesso incantesimo su Zar'roc, assunse la posizione di attacco e si slanciò, mirando alla spalla di Murtagh. Le loro spade s'incrociarono a mezz'aria. Eragon si liberò con grazia e fece un allungo che Murtagh schivò, balzando di lato.
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