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Murtagh annuì e montò sul suo cavallo da guerra. Eragon prese le redini di Fiammabianca, e insieme si allontanarono.
dall'accampamento, inoltrandosi nella natura selvaggia. La falce di luna alta nel cielo spandeva una luce fioca, che, Eragon lo sapeva, avrebbe soltanto aiutato i Ra'zac a rintracciarli. Avrebbe voluto fare altre domande allo straniero, ma rimase in silenzio, risparmiando energie per la cavalcata. All'approssimarsi dell'alba, Saphira disse: Dobbiamo fermarci. Ho le ali stanche e Brom ha bisogno di cure. Ho scoperto un buon posto dove riposarci, a circa due miglia da dove vi trovate.
La trovarono accucciata ai piedi di un cumulo di arenaria che sorgeva dal terreno come una grande collina. Le sue pendici erano perforate da cavità di varie misure, e tutt'intorno erano disseminate gobbe simili. Saphira sembrava compiaciuta. Ho scoperto una caverna impossibile da scorgere da terra. E abbastanza grande da ospitarci tutti, compresi i cavalli. Seguitemi. Si voltò e cominciò a risalire la china, gli artigli che affondavano facilmente nella pietra arenaria. I cavalli erano invece in difficoltà, perché gli zoccoli scivolavano. Eragon e Murtagh dovettero tirare e spingere gli animali per quasi un'ora prima di raggiungere il nascondiglio.
La caverna era lunga una trentina di metri e larga venti, eppure aveva un ingresso molto piccolo che la proteggeva dalle intemperie e da occhi indiscreti. Il fondo era inghiottito dalle tenebre, che rivestivano le pareti come arazzi di soffice velluto nero.
«Perfetto» disse Murtagh. «Raccolgo la legna per il fuoco.» Eragon corse da Brom. Saphira lo aveva posato su una piccola sporgenza di roccia, verso il fondo. Eragon prese la mano abbandonata di Brom e scrutò angosciato il suo volto rugoso. Dopo qualche minuto, sospirò e tornò al falò che Murtagh aveva acceso.
Mangiarono in silenzio, poi provarono a dare un po' d'acqua a Brom, che però non bevve. Sfiniti, distesero a terra le coperte e si addormentarono.
L'ADDIO DI UN CAVALIERE
S
vegliati, Eragon. Il ragazzo si agitò nel sonno e borbottò. Mi serve il tuo aiuto. Qualcosa non va Eragon ignorò la voce e provò a riaddormentarsi.
Svegliati!
Lasciami in pace, si lamentò.
Eragon! La grotta fu squassata da un potente ruggito. Eragon si alzò di scatto, cercando a tentoni il suo arco, Saphira era accucciata su Brom, che era rotolato giù dalla cornice di roccia e si stava agitando per terra. Il suo volto era contratto in una smorfia, i pugni serrati, Eragon accorse, temendo il peggio.
«Aiutami a tenerlo fermo. Finirà per farsi male!» gridò a Murtagh, mentre cingeva le braccia di Brom. Gli spasmi del vecchio gli procuravano dolorose fitte al costato. Insieme riuscirono a trattenere Brom finché le convulsioni non furono finite. Poi lo ridistesero con cautela sulla roccia. Eragon toccò la fronte di Brom. La sua pelle era così bollente che il calore si avvertiva perfino a un paio di pollici di distanza. «Portami dell'acqua e un panno» disse, preoccupato. Murtagh eseguì, ed Eragon fece al vecchio delle spugnature fredde per abbassare la febbre. Nel silenzio della caverna, notò che fuori si era fatto giorno. Quanto abbiamo dormito? chiese a Saphira.
Un bel po'. Ho vegliato io su Brom, È stato tranquillo fino a un attimo fa, quando ha cominciato ad agitarsi. Ti ho svegliato quando è caduto.
Eragon si stiracchiò, soffocando a stento un gemito quando le costole scricchiolarono. All'improvviso si sentì afferrare la spalla da una mano. Gli occhi di Brom erano spalancati e vitrei, fissi su di lui. «Tu!» gracchiò. «Portami l'otre del vino!»
«Brom!» esclamò Eragon, lieto di sentirlo parlare. «Non dovresti bere vino; ti farà stare peggio.» «Portamelo ragazzo... portamelo e basta» sospirò Brom. La sua mano scivolò dalla spalla di Eragon. «Torno subito. Aspetta.» Eragon corse alle bisacce e le frugò freneticamente. «Non riesco a trovarlo!» gridò, guardandosi intorno disperato.
«Tieni, prendi il mio» disse Murtagh, e gli porse un otre di pelle.
Eragon lo prese e tornò da Brom. «Ho il vino» disse, inginocchiandosi, Murtagh si spostò verso l'imboccatura della grotta per lasciarli da soli.
Le parole di Brom erano deboli e confuse. «Bene...»
Levò il braccio a fatica. «Ora... lavami la mano destra col vino.»
«Cosa,..» cominciò a chiedere Eragon.
«Non discutere! Non ho tempo.» Sconcertato, Eragon stappò l'otre e versò il vino sul palmo di Brom. Lo strofinò sulla pelle del vecchio, passandoglielo fra le dita e sul dorso. «Ancora» gli ordinò Brom con voce rauca. Eragon obbedì e continuò a strofinare vigorosamenete la mano, da cui prese a colare una sorta di tintura marrone. Si fermò di colpo, a bocca aperta per lo stupore: sul palmo di Brom era comparso il gedwèy ignasia.
«Sei un Cavaliere?» disse incredulo.Un sorriso dolente affiorò sulle labbra del vecchio. «Tanto tempo fa... ma non più. Quando ero giovane... più giovane di te adesso, fui scelto... scelto dai Cavalieri stessi per unirmi alle loro schiere. Durante l'addestramento, feci amicizia con un altro novizio... Morzan, prima che diventasse un Rinnegato.» Eragon si lasciò sfuggire un'esclamazione di meraviglia: erano passati più di cento anni. «Ma poi lui ci tradì consegnandoci a Galbatorix.., e nella battaglia di Dorù Areaba, la città di Vroengard, il mio giovane drago rimase ucciso. Si chiamava... Saphira.»
«Perché non me l'hai detto prima?» chiese Eragon in tono sommesso.
Brom rise. «Perché... non ce n'era motivo.» Si fermò. Il suo respiro era affannato, le mani contratte. «Sono vecchio, Eragon... tanto vecchio. Sebbene il mio drago sia morto, ho vissuto più a lungo del previsto. Tu non sai che cosa significa raggiungere la mia età, guardarsi indietro e rendersi conto di non ricordarsi quasi niente; e poi guardare avanti e sapere che ti aspettano ancora molti anni da vivere... Dopo tutto questo tempo, ancora piango la mia Saphira... e odio Galbatorix per quello che mi ha fatto.» I suoi occhi febbricitanti fissarono Eragon con tenacia mentre diceva: «Non lasciare che questo accada anche a te. Mai! Proteggi Saphira con la tua vita, perché senza di lei non vale la pena di vivere.»
«Non devi parlare così. Non le accadrà niente» protestò Eragon, addolorato.
Brom volse la testa di lato. «Forse sto vaneggiando.» Il suo sguardo vagò cieco su Murtagh, poi tornò a posarsi su Eragon. La sua voce divenne all'improvviso potente. «Eragon! Non manca molto ormai. È…è una ferita crudele, la mia; sto perdendo le forze e non posso far nulla per combatterla…Ma prima di lasciarti, vuoi accettare la mia benedizione?»
«Andrà tutto bene» mormorò Eragon, con le lacrime agli occhi. «Non parlare. Riposati.» «Devo farlo... così vanno le cose. Dunque, vuoi ricevere la mia benedizione?» Eragon chinò il capo e annuì, sopraffatto. Brom gli posò una mano tremante sulla fronte.
«Allora eccola. Che gli anni a venire possano darti ogni felicità.» Fece cenno al ragazzo di avvicinarsi ancora, e sottovoce sussurrò sette parole nell'antica lingua, spiegandogli poi il loro significato. « È tutto quello che posso lasciarti... Usale solo in caso di grave necessità.» Brom rivolse gli occhi vitrei al soffitto della grotta. «Per me è giunto il momento» mormorò «di affrontare la più grande avventura di tutte...»
Piangendo, Eragon gli prese la mano, confortandolo come meglio poteva. La sua veglia fu costante e ininterrotta; non si alzò nemmeno per mangiare o bere. Col passare delle ore, un grigio pallore si diffuse sul volto di Brom, e i suoi occhi lentamente si spensero. Le sue mani erano sempre più fredde; l'aria intorno a lui si fece malsana. Impotente, Eragon non poté far altro che guardare la vendetta dei Ra'zac che si compiva.
La sera era giovane e le ombre lunghe quando Brom si irrigidì all'improvviso. Eragon gridò più volte il suo nome e chiamò Murtagh al suo fianco, ma non poterono far niente. Mentre un silenzio glaciale calava sulla grotta, gli occhi di Brom incrociarono quelli di Eragon. Sul volto del vecchio comparve un'espressione soddisfatta, e dalle labbra gli sfuggì l'ultimo soffio di vita. E così morì Brom il cantastorie.
Con dita tremanti, Eragon chiuse gli occhi di Brom e si alzò. Saphira, alle sue spalle, levò la testa al cielo ed emise un ruggito di dolore, seguito da ululati lamentosi. Le guance di Eragon furono rigate da molte lacrime, mentre si sentiva travolgere da un immane senso di perdita. Tirò su col naso e disse, solenne: «Dobbiamo seppellirlo.»
«Potrebbero vederci» osservò Murtagh.
«Non m'importa!»
Murtagh esitò, poi sollevò il corpo di Brom e lo portò fuori dalla grotta, insieme alla sua spada e al suo bastone, Saphira li seguì. «Lassù» disse Eragon, indicando la cima della collina di arenaria. «Non possiamo scavare una fossa nella pietra» obiettò Murtagh.
«Io posso farlo.»
Eragon si arrampicò sul liscio pendio, malgrado il dolore al costato. Una volta in cima, Murtagh depose il corpo di Brom sulla roccia.
Eragon si asciugò gli occhi e concentrò lo sguardo sulla pietra. Fece un gesto con la mano e disse: «Moi stenr!» La roccia s'increspò in piccole onde concentriche, come se fosse liquida, creando al centro una fossa grande quanto un corpo umano. Plasmando l'arenaria come se fosse argilla umida, Eragon eresse una barriera tutt'intorno, alta fino alla cintola.
Deposero Brom nella cavità insieme alla sua spada e al suo bastone. Poi Eragon fece un passo indietro, e di nuovo modellò la roccia con la magia. L'arenaria si chiuse sul volto immobile di Brom e si fuse innalzandosi fino a formare un'alta guglia frastagliata. Come ultimo omaggio, Eragon incise delle rune nella pietra:
QUI GIACE BROM Che fu un Cavaliere E come un padre
Per me.
Che il suo nome possa vivere Per sempre nella gloria.
Poi chinò il capo e diede sfogo a tutto il suo dolore. Rimase immobile come una statua vivente fino all'arrivo del buio, quando la terra perse ogni colore.
Quella notte sognò ancora la donna prigioniera.
Capì subito che c'era qualcosa che non andava. Il respiro della donna era irregolare, e lei tremava, ma se fosse per il freddo o il dolore, non seppe dirlo. Nel buio della cella, l'unica cosa chiaramente illuminata era la sua mano, che pendeva dal bordo della branda. Un liquido scuro le gocciolava dalla punta delle dita. Eragon sapeva che era sangue.
IL SEPOLCRO DI DIAMANTE
E
ragon si svegliò con gli occhi che gli bruciavano e il corpo indolenzito. La caverna era deserta, cavalli a parte. La barella era scomparsa; non restava alcuna traccia di Brom. Si alzò e si andò a sedere all'ingresso, sulla roccia porosa. E così Angela l'indovina aveva
ragione... c'era una morte nel mio futuro, pensò, contemplando il paesaggio con sguardo vacuo. Il sole color topazio già diffondeva il suo calore intenso nel primo mattino. Una lacrima, una sola gli rotolò sul volto impassibile e svanì al sole, lasciandogli una riga di sale sulla pelle. Chiuse gli occhi e assaporò il calore, svuotando la mente. Con un dito grattò pigramente la pietra arenaria, e quando guardò si accorse di aver scritto: Perché io?
Murtagh lo trovò ancora lì seduto, quando ore dopo tornò alla caverna portando un paio di lepri. Senza dire una parola, si sedette vicino a lui.
«Come stai?» gli chiese dopo un po'.
«Malissimo.»
Murtagh lo guardò pensieroso. «Credi di riuscire a riprenderti?» Eragon si strinse nelle spalle. Dopo qualche minuto di silenzio, Murtagh gli disse: «Mi dispiace chiedertelo in un momento simile, ma devo sapere... Il tuo Brom è quel Brom? Quello che rubò un uovo di drago al re, lo cercò in tutto l'Impero e uccise Morzan in duello? Ti ho sentito fare il suo nome, e ho letto l'iscrizione che hai lasciato sulla sua tomba, ma devo saperlo per certo. Era lui?»
«Sì» rispose Eragon con un filo di voce. Murtagh era turbato. «Come sai queste cose? Parli di segreti ignoti ai più, insegui i Ra'zac e sei comparso proprio quando avevamo bisogno di te. Sei uno dei Varden?»
Gli occhi di Murtagh divennero due fosse imperscrutabili. «Sono in fuga, come te.» Un dolore compresso trapelava dalle sue parole. «Non appartengo né ai Varden né all'Impero. E non servo nessuno se non me stesso. Quanto a salvare voi, devo ammettere che avevo sentito parlare di un nuovo Cavaliere e ho pensato che seguendo i Ra'zac avrei potuto scoprire se le voci erano vere.» «Credevo che volessi uccidere i Ra'zac» disse Eragon. Murtagh sorrise appena. «Infatti: ma se l'avessi fatto, non ti avrei mai conosciuto.»
Ma Brom sarebbe ancora vivo... Quanto vorrei che fosse qui. Lui saprebbe se mi posso fidare di Murtagh. Eragon rammentò come Brom aveva avvertito le intenzioni di Trevor a Daret, e si chiese se lui era in grado di fare lo stesso con Murtagh. Provò a sondare la coscienza dell'uomo, ma si trovò davanti a una massiccia parete di ferro. Cercò di aggirarla, ma tutta la mente di Murtagh era fortificata. Come ha imparato a farlo? Brom ha detto che pochissime persone riescono a impedire a qualcuno di entrare nella loro mente senza un adeguato addestramento. E allora, dove Murtagh ha appreso questa capacità? Con il cuore triste e vuoto, Eragon chiese: «Dov'è Saphira?» «Non lo so» rispose Murtagh. «Mi ha seguito per un po'' mentre cacciavo, poi si è allontanata da sola, in volo. Non la vedo da prima di mezzogiorno.» Eragon si alzò e tornò nella grotta. Murtagh lo seguì. «Che cosa pensi di fare adesso?»
«Sono indeciso.» E non ci voglio nemmeno pensare. Arrotolò le coperte e le legò sulle bisacce di Cadoc. Le costole gli facevano male, Murtagh si dedicò a cucinare le lepri. Mentre Eragon metteva le sue cose nelle bisacce, scoprì Zar'roc. Il fodero rosso riluceva brillante. Estrasse la spada. La soppesò.
Non aveva mai portato Zar'roc al fianco né l'aveva mai usata in combattimento - tranne quando lui e Brom si addestravano - perché non voleva che la gente la vedesse. Adesso questo non era più un problema. I Ra'zac erano sembrati sorpresi e spaventati dalla spada: una ragione più che valida per mostrarla. Con un brivido, si tolse l'arco da tracolla e legò Zar'roc alla cintura. Da questo momento in poi, vivrò con la spada. Che il mondo veda chi sono. Non ho paura. Sono un Cavaliere in piena regola, adesso.
Frugò nelle borse di Brom, ma trovò soltanto indumenti, qualche oggetto personale e un sacchetto di monete.
Prese la mappa di Alagasëia, ripose le borse e si accovacciò davanti al fuoco. Murtagh alzò lo sguardo dalle lepri che stava scuoiando e strinse gli occhi. «Quella spada. Posso vederla?» domandò, pulendosi le mani.
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