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Le forze abbandonarono Eragon in modo improvviso e devastante, facendogli battere il cuore a scatti, come quello di un uccellino morente. Cercò di respirare e strabuzzò gli occhi. Si sforzò di recidere il vincolo che lo teneva legato alla magia, di colmare il varco attravèrso cui fluiva la sua vita; con un ultimo ringhio selvaggio, si ritrasse e interruppe il contatto. Tentacoli di magia si dibatterono nella sua mente come serpenti decapitati, poi, riluttanti, si allontanarono dalla sua coscienza, portando con sé i suoi ultimi residui di forza. Il muro di nebbia crollò a terra come una torre di fango. Gli Urgali non erano stati fermati.

Eragon giaceva inerte su Saphira, ansante. Solo allora ricordò le parole di Brom: "La magia viene influenzata dalla distanza, proprio come una freccia o una lancia. Se cerchi di sollevare o spostare qualcosa a un miglio di distanza, ti ci vorrà più energia che se fosse vicino." Non lo dimenticherò più, pensò, prostrato.

Non avresti dovuto dimenticarlo mai, intervenne Saphira. Prima con la terra a Gìl'ead, e, ora questo. Perché non presti attenzione a quello che ti ha detto Brom? Ti ucciderai, se continui di questo passo.

Ho prestato attenzione, ribattè lui, massaggiandosi il mento. È passato parecchio tempo, e non ho avuto l'occasione di ripensarci. Non ho mai usato la magia a distanza, perciò come facevo a sapere che sarebbe stato così difficile?

La dragonessa grugnì. La prossima volta cercherai di riportare in vita i morti. Non dimenticare che cosa ti ha detto Brom in proposito.

Non lo farò, disse lui, spazientito. Saphira si tuffò verso il suolo, in cerca di Murtagh e dei cavalli. Eragon l'avrebbe aiutata, ma riusciva a fatica a stare seduto.

Saphira atterrò in un piccolo campo con un sobbalzo, ed Eragon rimase sorpreso nel vedere i cavalli fermi, e Murtagh inginocchiato a esaminare il terreno. Quando Eragon non smontò da Saphira, Murtagh gli corse incontro. «Qualcosa non va?» domandò, arrabbiato, preoccupato e stanco al tempo stesso.

«... Ho fatto un errore» disse Eragon sincero. «Gli Urgali sono entrati nella valle. Ho cercato di confonderli, ma ho dimenticato una delle regole della magia, e mi è costato caro.» Accigliato, Murtagh puntò il pollice alle proprie spalle. «Ho appena trovato tracce di lupo, ma sono grandi quanto le mie due mani messe assieme, e profonde un pollice. Da queste parti si aggirano animali che potrebbero essere pericolosi anche per te, Saphira.» Si rivolse a lei. «So che non puoi entrare nella foresta, ma potresti volare in circolo sopra me e i cavalli? Questo dovrebbe tenere lontane le bestie. Altrimenti di me non resterà che un mucchietto di ossa spolpate.» «Sei in vena di battute?» disse Eragon con un sorriso debole. I suoi muscoli tremavano e faticava a concentrarsi.

«Umorismo nero.» Murtagh si strofinò gli occhi. «Non posso credere che siano gli stessi Urgali che ci inseguono da tanti giorni. Avrebbero dovuto essere uccelli, per raggiungerci.»

«Saphira ha detto che sono più grossi del solito» gli disse Eragon.

Murtagh imprecò, stringendo il pomello della spada. «Questo spiega tutto! Saphira, se hai ragione, allora devono essere Kull, il meglio degli Urgali. Avrei dovuto capirlo dal capoclan che li guida. Non vanno a cavallo perché gli animali non ne sopporterebbero il peso... nessuno di loro è alto meno di otto piedi.,. e possono correre per giorni senza dormire ed essere ancora pronti per la battaglia. Ci vogliono cinque uomini per ucciderne uno. I Kull non lasciano mai le loro caverne tranne che per muovere guerra, perciò è prevedibile un massacro su vasta scala, se sono usciti così a frotte.»

«Possiamo mantenere il vantaggio?»

«E chi lo sa?» disse Murtagh. «Sono forti, determinati e numerosi. È possibile che alla fine ci ritroveremo ad affrontarli. Se questo accade, spero solo che i Varden abbiano uomini appostati, pronti ad aiutarci. Malgrado le nostre capacità e Saphira, non possiamo sconfiggere i Kull.» Eragon vacillò. «Mi daresti un po' di pane? Ho bisogno di mangiare.» Murtagh si affrettò a porgergli un pezzo di pagnotta. Era vecchia e dura, ma Eragon la masticò con avidità. Murtagh scrutò le pareti della valle, gli occhi colmi di apprensione, Eragon sapeva che stava cercando una via d'uscita. «Ce ne sarà una più avanti.»

«Ne sono convinto» disse Murtagh con forzato ottimismo, poi si diede una pacca su una gamba. «Dobbiamo andare.»

«Come sta Arya?» chiese Eragon.

Murtagh scrollò le spalle. «La febbre sì è alzata e lei si agita molto. Che cosa ti aspettavi? Le forze la stanno abbandonando. Dovresti portarla in volo dai Varden prima che il veleno compia la sua opera.»

«Non ti lascio indietro» insistette Eragon, riacquistando vigore a ogni boccone. «Non con gli Urgali così vicini.»

Murtagh si strinse di nuovo nelle spalle. «Come vuoi. Ma ti avverto; lei non vivrà se tu rimani con me.»

«Non dirlo» protestò Eragon, raddrizzando la schiena in sella a Saphira. «Aiutami a salvarla. Possiamo ancora farcela. Considerala una vita per una vita... una riparazione per la morte di Torkebrand.»

Il volto di Murtagh si oscurò all'istante. «Non devo niente a nessuno. Tu...» Si interruppe quando un corno risuonò nella foresta. «Dovrò dirti una cosa, dopo» tagliò corto, e andò in fretta verso i cavalli. Afferrò le redini e si allontanò di corsa, scoccando un'occhiata furente a Eragon. Eragon chiuse gli occhi quando Saphira spiccò il volo. Quanto avrebbe voluto sdraiarsi su un letto soffice e dimenticare tutti i suoi affanni. Saphira, disse alla fine, proteggendosi le orecchie con le mani per riscaldarle, e se portassimo Arya dai Varden? Una volta messa lei al sicuro, potremmo volare indietro da Murtagh per aiutarlo a fuggire.

I Varden non ti lascerebbero andare, disse Saphira. Per quanto ne sanno, tu potresti tornare indietro per informare gli Urgali del loro nascondiglio. Non ci presentiamo certo nelle migliori circostanze per conquistare la loro fiducia. Vorranno sapere perché abbiamo guidato un'intera compagnia di Kull fino ai loro cancelli.

Diremo loro la verità, e speriamo che ci credano, disse Eragon.

E che cosa faremo se i Kull attaccano Murtagh?

Li combatteremo, ovvio! Non permetterò che lui e Arya siano catturati o uccisi, disse Eragon, indignato.

Nelle parole della dragonessa comparve una punta di sarcasmo. Che nobiltà d'animo. Oh, potremmo abbattere molti Urgali,.. tu con magia e spada, io con denti e artigli... ma alla fine sarebbe tutto inutile. Sono in troppi... Non possiamo sconfìggerli, solo essere sconfitti.

E allora? disse lui. Non lascerò Murtagh e Arya alla loro mercé.

Saphira agitò la coda; la punta frustò l'aria con un sibilo. Non ti sto chiedendo di farlo. Ma se attaccassimo per primi, avremmo il vantaggio della sorpresa.

Sei impazzita? Loro ci... La sua voce si smorzò mentre rifletteva. Non potrebbero fare niente, concluse, stupito.

Esatto, disse Saphira. Possiamo infliggere loro molte perdite, pur restando a distanza di sicurezza. Scagliamo contro di loro delle pietrel propose Eragon. Questo dovrebbe confonderli. Se i.loro crani non sono abbastanza duri da proteggerli. Saphira s'inclinò sulla destra e scese verso il fiume Zannadorso. Afferrò un macigno di media grandezza con gli artigli, mentre Eragon raccoglieva una manciata di pietre grosse quanto un pugno. Carica di munizioni, Saphira scivolò con ali silenziose fino a disporsi sopra l'orda degli Urgali. Ora! esclamò, lasciando cadere il macigno. Si udirono una serie di schiocchi soffocati quando i missili piombarono sulla foresta, schiantando i rami degli alberi. Un attimo dopo, terribili ululati echeggiarono per tutta la valle. Eragon sorrise nel sentire gli Urgali che si affannavano a cercare riparo. Andiamo a prendere altre munizioni, suggerì, chinandosi sul collo di Saphira. Lei emise un ringhio di approvazione e tornò al fiume.

Fu un lavoro duro, ma riuscirono a ostacolare i progressi degli Urgali, anche se era impossibile fermarli del tutto. Gli Urgali riguadagnavano terreno ogni volta che Saphira si allontanava per prendere altre pietre. Malgrado ciò, i loro sforzi permisero a Murtagh di restare davanti alla colonna.

La valle si oscurò mentre le ore passavano. Senza il sole a dare il suo tepore, l'aria cadde preda della morsa pungente del gelo e la nebbia di terra gelò sugli alberi, ricoprendoli di candida brina. Gli animali notturni presero a sgusciare dalle loro tane per osservare nel buio gli stranieri che attraversavano il loro territorio.

Eragon continuò a tenere d'occhio le pendici dei monti, cercando la cascata che avrebbe indicato la fine del loro viaggio, Era dolorosamente consapevole che ogni minuto che passava portava Arya più vicina alla morte. "Più veloce, più veloce" mormorò fra sé, guardando Murtagh sotto di loro. Prima che Saphira virasse per andare a raccogliere altre pietre, disse: Facciamo una tregua per controllare Arya. Il giorno volge al termine, e temo che la sua vita si possa misurare in ore, se non in minuti. La vita di Arya è nelle mani del Fato, ormai Tu hai fatto la. tua scelta di restare con Murtagh; e troppo tardi per cambiare idea, perciò smettila di tormentarti... Mi fai prudere le squame. La cosa migliore che possiamo fare è continuare a bombardare gli Urgali. Eragon sapeva che Saphira aveva ragione, eppure quelle parole non servirono a placare la sua ansia. I suoi occhi scrutavano incessanti il paesaggio, ma qualunque cosa ci fosse davanti a loro, era nascosta da una cresta massiccia.

Il buio, quello vero, cominciò a invadere la valle, posandosi su alberi e montagne come un velo d'inchiostro. Anche con il suo udito fine e il fiuto delicato, Saphira non riusciva più a individuare gli Urgali nella fitta foresta. Non c'era nemmeno la luna ad aiutarli; sarebbero passate ancora ore prima che sorgesse dietro le montagne.

Saphira compì una lenta, delicata virata a sinistra, e scivolò oltre la cresta. Eragon la avvertì vagamente sotto di loro, poi strizzò gli occhi quando scorse una debole linea bianca davanti. Sarà la cascata? si chiese.

Guardò il cielo, ancora rischiarato dagli ultimi vaghi bagliori del tramonto. I profili scuri dei monti curvavano verso il centro a formare una specie di anfiteatro che chiudeva la valle. La fine non dev'essere lontana! esclamò, indicando davanti a sé. Credi che ì Varden sappiano del nostro arrivo? Forse manderanno degli uomini ad aiutarci.

Dubito che ci presteranno soccorso finché non sapranno se siamo amici o nemici, disse Saphira mentre si abbassava di botto. Torniamo da Murtagh, È il momento di stare con lui adesso. Visto che non riesco a trovare gli Urgali, potrebbero assalirlo senza che noi lo sappiamo.

Eragon sciolse i legacci del fodero di Zar'roc, chiedendosi se era abbastanza forte da combattere. Saphira atterrò alla sinistra dello Zannadorso, poi si accovacciò, in attesa. La cascata rumoreggiava in lontananza. Arriva, disse. Eragon aguzzò la vista e colse con l'udito uno scalpitio di zoccoli. Murtagh uscì di corsa dalla foresta, guidando i cavalli. Li vide, ma non rallentò.

Eragon balzò giù da Saphira, inciampando nel tentativo di tenere il passo di Murtagh. Dietro di loro, Saphira andò al fiume, per poterli seguire senza essere ostacolata dagli alberi. Prima che Eragon potesse raccontargli le novità, Murtagh disse: «Ti ho visto lanciare pietre con Saphira... ambizioso. I Kull si sono fermati o sono tornati indietro?»

«Ce li abbiamo ancora alle calcagna, ma ormai siamo quasi arrivati. Come sta Arya?» «Non è morta» replicò Murtagh asciutto. Il suo respiro era breve, affannoso. Le parole che seguirono erano pervase da una calma ingannevole, come quelle di un uomo che cela una passione travolgente. «C'è una valle o una gola più avanti da cui io possa andarmene?»

Con ansia, Eragon cercò di ricordare se aveva visto qualche breccia nelle montagne intorno a loro; per un po' non aveva pensato al problema di Murtagh. «È buio» disse, evasivo, abbassando la testa per schivare un ramo basso. «è facile che mi sia sfuggito qualcosa, ma... no.»

Murtagh lanciò un'imprecazione sonora e si fermò di colpo, tirando le redini dei cavalli finché anche quelli non si fermarono. «Stai dicendo che l’unico posto dove posso andare è dai Varden?» «Sì, ma continua a correre. Gli Urgali ci sono addosso!»

«No!» fu la risposta furente. Puntò un dito contro Eragon. «Ti avevo avvertito che non sarei mai venuto dai Varden, ma tu hai insistito e ora mi hai messo fra l'incudine e il martello! Tu sei quello che legge i ricordi dell'elfa. Perché non mi hai detto che era un vicolo cieco?»

Eragon s'indispettì per l'accusa e ribattè; «Sapevo soltanto dove dovevamo andare, non che cosa c'era in mezzo. Non dare la colpa a me per la scelta che hai fatto.»

Murtagh sibilò fra i denti e si voltò di scatto. Tutto ciò che Eragon vedeva di lui era una figura immobile, a capo chino. Anche lui aveva le spalle tese, e una vena gli pulsava sul lato del collo. Si mise le mani sui fianchi, sentendo montare l'impazienza.

Perché vi siete fermati? domandò Saphira, allarmata.

Non mi distrarre. «Qual è il tuo problema con i Varden? Non può essere così terribile da costringerti a nasconderti anche adesso. Preferiresti combattere contro i Kull piuttosto che rivelarmelo? Quante volte dovremo ancora litigare prima che tu riesca a fidarti di me?» Ci fu un lungo silenzio.

Gli Urgali! rammentò Saphira, frettolosa.

Lo so, disse Eragon, tenendo a bada la collera. Ma dobbiamo risolvere la questione. Svelti, svelti.

«Murtagh» disse Eragon, con tutto se stesso. «a meno che tu non voglia morire, dobbiamo andare dai Varden. Non voglio finire nelle loro mani senza sapere come reagiranno di fronte a te. Già è una situazione pericolosa senza bisogno di altre brutte sorprese.»

Finalmente Murtagh si volse verso Eragon. Respirava a fatica, come un lupo in trappola. Tacque ancora un istante, poi con voce angosciata disse: «Hai il diritto di sapere. Io... io sono il figlio di Morzan, primo e ultimo dei Rinnegati.»

UN GRAVE DILEMMA

E

ragon rimase senza parole. La sua mente si rifiutava di accettare la verità delle parole di Murtagh. I Rinnegati non hanno mai avuto figli, meno che mai Morzan. Morzan! L'uomo che tradì i Cavalieri consegnandoli a Galbatorix. Colui che fu il più fedele servitore del re

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